ITALIANO A CHI?

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Per sapere cosa sarebbe accaduto con un governo di estrema destra non bastava affatto leggere il loro programma elettorale.
Sapevamo del presidenzialismo e della stretta sui migranti, del regionalismo fiscale e della flat tax, della riforma della giustizia e del no all’ambientalismo.
Era tutto scritto nero su bianco insieme ad altri proponimenti più o meno tollerabili e abbiamo deciso, complice la litigiosità e la voglia di protagonismo del trio Letta-Conte-Calenda, di lasciare che l’estrema destra vincesse le elezioni a mani basse.
Ciò che non potevamo immaginare è che in un paese democratico protetto da una solida costituzione, da leggi di stampo liberale, da un presidente della repubblica, dalla corte costituzionale, da una stampa più o meno libera, dai sindacati e da un associazionismo diffuso figlio di ottant’anni di democrazia e di conquiste sociali e civili si potesse arrivare a tanto.
Il fascismo, quello storico del ventennio, sta entrando nella nostra vita di tutti i giorni non strisciando come avremmo potuto temere, lo sta facendo a passo di carica con i suoi scarponi chiodati. Lo vediamo ogni giorno in televisione e lo ascoltiamo in diretta dalla viva voce dei nuovi gerarchi che ancora chiamiamo ministri.
Di questo si tratta.
Fatti grandi e piccoli che sommandosi hanno già cambiato la fisionomia di questo paese. La strage di Cutro, l’accanimento contro i bambini delle coppie omosessuali, l’agonia di Cospito, la carcerazione delle donne rom in gravidanza, le navi delle ONG a cui si impediscono i soccorsi, i reati universali dello stato etico, lo smantellamento della cultura antifascista (e di tutte le altre tranne la loro), le epurazioni nelle amministrazioni pubbliche per arrivare a ieri con il plateale insulto ai martiri delle Fosse Ardeatine, improvvisamente non più antifascisti ed ebrei consegnati alla barbarie nazista dai camerati di Mussolini ma soltanto italiani più sfortunati degli altri.
Se si continuasse con questo ritmo arriveremmo alla fine di questa legislatura non molto diversi dal Cile di Pinochet o dalla Cambogia di Pol Pot e non credo affatto di esagerare.
Se non riusciremo a fermarli ne usciremo distrutti socialmente, moralmente, economicamente e culturalmente…
Che cavolo stiamo aspettando, porcazozza?