LIBERI DAL DIRITTO D’AUTORE. OVVERO LIBERI DI DIFFONDERE CONOSCENZA, CULTURA, ARTE

DI LUCA BAGATIN

Essere liberi dal diritto d’autore significa liberare la creatività, diffondere la conoscenza, permettere agli artisti, ai creatori delle opere dell’ingegno e al pubblico di CONDIVIDERE un’esperienza diretta e di DIFFONDERLA LIBERAMENTE, senza vincoli economici.

Personalmente sono da sempre per l’abolizione del copyright e per l’introduzione di uno stipendio pubblico da dare a tutti gli artisti, pagato dalla comunità e a beneficio della comunità, che permetta agli artisti e al pubblico di fruire liberamente delle opere dell’ingegno, magari favorendo l’editoria indipendente e l’autopubblicazione delle opere.

Nel 2018 e nel 2019, sull’argomento, scrissi in merito un paio di articoli, che vorrei – peraltro – qui riportare.

No alla normativa UE sul diritto d’autore. No al copyright. Per una civiltà ove le idee e le opere dell’ingegno circolino liberamente e siano a beneficio di tutti.

Articolo di Luca Bagatin del 28 giugno 2018

Il 4 luglio prossimo sarà votata dal Parlamento europeo una proposta di direttiva sul diritto d’autore in internet, la quale sembrerebbe prevedere – a quanto si apprende dagli organi di informazione – una vera assurdità, ovvero che la pubblicazione di un link di un articolo di giornale online (cosa che peraltro attualmente fanno tutti ad esempio nei cosiddetti socialnetwork, oltre che su Wikipedia e in molti articoli ai fini di citare le fonti) rappresenterebbe una forma di utilizzo del diritto d’autore, con la conseguente necessità di una autorizzazione da parte dell’editore del giornale ed il conseguente pagamento dei diritti d’autore per chiunque intenda postare il suddetto link. Conseguentemente i soggetti che consentono la pubblicazione online dovrebbero dotarsi di appositi filtri automatici in grado di bloccare la pubblicazione di ogni contenuto coperto da diritto d’autore.

Una vera e propria limitazione alla diffusione delle idee, oltre che l’impossibilità di poter citare le fonti necessarie attraverso i relativi link, utili peraltro spesso anche a studenti universitari che desiderino utilizzarli nelle loro tesi di laurea.
C’è chi sostiene che tale normativa europea sia funzionale e fatta apposta per limitare la cosiddetta controinformazione, che ha permesso alle forze populiste di arrivare al governo ad esempio in Italia o in alcune parti del mondo e che pertanto l’establishment europeo voglia porre un freno alla libera circolazione delle idee. Personalmente su questo ho alcuni dubbi, in quanto ritengo che il potere mediatico del web sia ancora limitato e ritengo che coloro i quali hanno deciso di scegliere il campo populista lo abbiano fatto indipendentemente dal web (che veicola comunque i più vari contenuti), semplicemente in quanto ormai stanchi del pensiero unico liberale, che ha generato precarietà su ogni fronte.
Senza voler giungere a conclusioni affrettate, dunque, tale normativa – se passasse – sarebbe un vero danno per tutti coloro i quali utilizzano internet per diffondere idee, contenuti e soprattutto per gli stessi organi di informazione, in quanto vedrebbero diminuire i click ai loro stessi contenuti, veicolati oggi o da altri articoli, citati come fonte, oppure da Wikipedia, dai già citati socialnetwork, oppure dalle già summenzionate tesi di laurea.
Personalmente, oltre ad essere contrario a normative di questo tipo, sono da sempre contrario al sistema del diritto d’autore e su questo mi trovo concorde ad esempio con gli economisti Michele Boldrin e David K. Levine, che su detto argomento hanno molto scritto. Lo sono magari per ragioni un tantino diverse rispetto alle loro tesi, piuttosto liberiste in economia, semmai.
Sono per l’abolizione del copyright in quanto ritengo che la proprietà intellettuale debba essere una proprietà condivisa, così come lo è il sapere e lo scibile umano. Dunque per ragioni non economicistiche o liberiste, ma umaniste e di diffusione della cultura, della scienza, della tecnica.
L’Autore rimarrebbe dunque l’ideatore ed il proprietario di fatto dell’opera (l’importante è sempre citare la fonte!), è chiarò, ma lo scopo della sua opera dell’ingegno non dovrebbe essere il profitto, la commercializzazione, ma la diffusione libera, la condivisione, in grado di arricchire altre menti, che potrebbero ancor più svilupparla. Tale diffusione arricchirebbe dunque gli animi della comunità e dunque dell’umanità.
Solo così si produrrebbe ricchezza, ma non ricchezza monetizzabile, individuale ed egoistica, ma ricchezza collettiva.
Ricchezza in campo letterario, musicale, medico, scientifico, tecnologico. Una ricchezza libera dal commercio e dal danaro in una società che superi finalmente il capitalismo e si basi sulla condivisione. Una società o, meglio, una nuova civiltà umanistica ove la cooperazione, l’amicizia e l’amore, ovvero la vera libertà, sostituiscano le leggi del danaro, del potere, dell’ego e del diritto all’accumulo.
In nome del dovere nei confronti dell’umanità e dei suoi bisogni. In nome del sapere e della conoscenza, del libero scambio e del dibattito fra menti pensanti e libere.

Superare il diritto d’autore. Superare ogni sfruttamento economico. Per un’economia del dono.

Articolo di Luca Bagatin del 25 marzo 2019

L’abolizione del diritto d’autore può essere la base di una economia fondata sulla diffusione della cultura e sul dono.

Una economia fondata sullo scambio reciproco e sul dono – tanto cara ad antropologi quali Marcel Mauss – è l’esatto opposto rispetto allo sfruttamento del lavoro, tipico di una società capitalista, che antepone l’interesse economico rispetto all’opera realizzata dall’essere umano la quale, libera da ogni vincolo economico, è necessaria all’evoluzione della comunità intera. Comunità che è il nucleo principale dell’umanità tutta e che per evolvere in armonia necessiterebbe di cooperazione e di autogestione e non già di competizione, antagonismo, sfruttamento.
L’abolizione del diritto d’autore libera, nella fattispecie, l’opera dell’ingegno da ogni vincolo economicistico e la restituisce alla sua funzione artistica più pura, donandola alla comunità intera, la quale può trarne spirituale e morale beneficio.
Così come un lavoro autogestito e non salariato, ovvero nel quale il lavoratore è proprietario stesso del suo lavoro, in una società fondata sull’economia del dono, potrebbe essere funzionale all’elevazione del lavoratore stesso e della comunità nella quale vive.