DI PIERO ORTECA
Un rapporto di Avril Haines, prima donna direttrice dell’Intelligence nazionale, che sovrintende anche al lavoro delle 16 agenzia di spionaggio Usa, CIA compresa. Le rivelazioni del Wall Street Journal. L’analisi politica sulla scadenza alle presidenziali 2024 dell’aiuto a tutto campo all’Ucraina in guerra. Il tempo a favore di Putin. Manca un ‘Piano B’ delle Nato
Il tempo da che parte sta?
«Putin, molto probabilmente, calcola che il tempo gioca a suo favore. E che prolungare la guerra, anche con potenziali pause nei combattimenti, potrebbe essere la strada migliore che gli rimane per garantire, alla fine, gli interessi strategici della Russia in Ucraina. Tutto questo anche se ci vorranno anni».
“Rapporto Haines”
Non sono pensieri in libertà, ma il distillato di un’analisi militare e geopolitica americana, al più alto livello possibile. Il Wall Street Journal, senz’altro uno dei due-tre quotidiani Usa più informati sulle segrete cose della Casa Bianca, cita questa presa di posizione-simbolo, che arriva da una fonte indiscutibile: ‘Direttorato per l’Intelligence’, diretto da Avril Haines.
Presidenziali 2024 anche per Kiev
Gli autori del report, Paul Becket e Lawrence Normand, aggiungono una considerazione che prende sempre più piede tra gli analisti, e che attribuisce alle Presidenziali del 2024 una possibile e decisiva influenza sulla durata del sostegno Usa all’Ucraina. In particolare, si pensa che se a vincere dovesse essere il ‘front runner’ repubblicano, allora l’impegno degli Stati Uniti potrebbe essere ridiscusso. Per ora, l’Occidente pensa solo ad armare massicciamente e in fretta l’esercito di Kiev, nella speranza che la controffensiva di primavera costringa i russi a sedersi al tavolo delle trattative. La ‘finestra’ temporale per questa opportunità, però, si va chiudendo e i combattimenti rischiano di cristallizzarsi lungo una linea trincerata, nell’ovest del Donbass.
Manca un ‘Piano B’ delle Nato
Non è chiaro, insomma, se esista un “piano B” della Nato, e se questa seconda (eventuale) opzione possa funzionare. Anzi. Gli strateghi militari avvertono di una graduale evoluzione del conflitto, che dalle prime fasi ‘movimentiste’ è passato ad assumere connotati quasi da Prima guerra mondiale, quando i nemici si fronteggiarono per anni, bloccati a distanza ravvicinata da fili spinati, trincee e cavalli di frisia. In una situazione di questo tipo, il logoramento sarebbe progressivo e l’impopolarità del conflitto crescerebbe in maniera esponenziale. Per Putin, autocrate dalle maniere spicce, controllare il dissenso di piazza sarebbe molto facile. La stessa cosa non si potrebbe dire per le democrazie occidentali, a cominciare dall’Europa.
Cosa fare col Cremlino
Esiste poi, tra gli alleati, una discordanza di fondo sull’atteggiamento da prendere nei confronti del Cremlino. Il Presidente francese, Emmanuel Macron, guida il partito dei ‘trattativisti’, che giudicano molto pericoloso umiliare la Russia e chiedono che venga fatta qualche concessione. C’è però anche una fazione di Paesi (come i baltici e la Polonia) che esigono da Putin una sorta di resa senza condizioni. Risultato, a detta di tutti gli esperti, assolutamente difficile da ottenere. Anche perché la Russia, con una popolazione che è tre volte e mezza quella dell’Ucraina, può continuare ad attingere dalla sua leva di massa forze fresche. Laddove, invece, Kiev deve fare i conti con le sanguinose perdite (100 mila tra morti e feriti) almeno uguali a quelle di Mosca.
“Proprio a questo tema il WSJ ha dedicato un report speciale, ben documentato, per dimostrare come le forze di Zelensky comincino ad avere difficoltà di reclutamento”.
L’economia russa che resiste
Nel frattempo, a Washington si tirano le prime somme, sull’efficacia delle sanzioni adottate contro la Russia. E il giudizio non è proprio lusinghiero. Come scrive il Wall Street Journal «l’economia russa non è crollata come molti avevano previsto, in parte a causa del sostegno cinese e dei continui acquisti di petrolio dall’India e da altri Paesi». Ciò che preoccupa, in particolare, gli alleati occidentali è che Mosca sta facendo meglio del previsto col bilancio, nonostante la tagliola finanziaria alla quale è sottoposta. «Sono riusciti praticamente a stabilizzarlo», ha detto sconsolato il Ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis.
Il tempo breve dell’indignazione
D’altro canto, il fatto che il tempo lavori a favore di Putin in questa gravissima crisi è confermato dallo speculare sviluppo di altre situazioni come la Georgia (2008), la Crimea (2014) e la Siria (2015). In tutte queste aree, l’invadenza militare di Putin ha sollevato, all’inizio, clamorose proteste e anche reazioni diffuse. Poi, l’intervento russo è stato quasi metabolizzato, dopo che il Cremlino, con una scaltra politica di basso profilo, ha quasi narcotizzato l’opinione pubblica occidentale e i suoi governi. Facendo anche pesare, bisogna dirlo a scanso di equivoci, l’interscambio commerciale, specie per quanto riguarda combustibili e materie prime.
Situazione Ucraina “scappata di mano”
Oggi, in Ucraina, però, la situazione è scappata di mano a tutti. E non funziona nemmeno lontanamente la retorica di chi parla di ‘vittoria ucraina’. Il WSJ è chiaro su tutto questo: ormai la tipologia dei combattimenti è quella di Bakhmut, un continuo massacro di vite umane per effimeri guadagni territoriali. Come capitava agli inglesi, sulla Somme, nel 1916.
“Una narrativa insostenibile per qualsiasi opinione pubblica, anche per quella più nazionalista. Se l’andazzo dovesse continuare a essere questo, allora che il Signore illumini, anche per un solo momento, le menti di chi ha il potere (e il coraggio) di fermare questa strage”.
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
28 Marzo 2023