DI MARIO PIAZZA
Come nelle dittature e nelle teocrazie islamiche Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, avrebbe voluto mettere la magistratura alle dirette dipendenze del governo, per legge.
Vedere sui media la determinazione con cui la popolazione israeliana si è ribellata fino a costringere il governo a congelare una legge così palesemente illiberale è confortante, ma sentire i commentatori che definiscono quelle centinaia di migliaia di cittadini israeliani, ognuno con la sua bandiera bianca e celeste, come “difensori della democrazia” è un pugno nello stomaco.
Perché la democrazia è o non è, non si può essere “quasi democratici” come non si può essere quasi incinta.
Non basta avere elezioni regolari e un parlamento funzionante per essere democratici, e se quelle stesse bandiere bianche e celesti da 70 anni vengono regolarmente piantate e imposte con le armi oltre i propri confini la parola “democrazia” diventa una bestemmia, proprio come se la pronunciassimo oggi riferendoci alla Russia o l’avessimo pronunciata cinquant’anni fa riferendoci alla Apartheid sudafricana.
Un paese democratico non ruba la terra allo Stato Palestinese, non controlla la sua economia razionando loro con la forza le risorse energetiche e l’acqua, non vieta la costruzione di porti ed aeroporti, non impedisce loro di uscire ed entrare a piacimento dal loro paese, non restringe le acque territoriali a un lembo di mare buono solo per pescare qualche pesce, non usa la popolazione palestinese artificialmente impoverita come bassa manovalanza sottopagata.
La democrazia è altro e le manifestazioni di Tel Aviv e di Haifa con la sua difesa non c’entrano un picchio, ciò che gli Israeliani stanno difendendo è la propria libertà individuale che nessuna politica dovrebbe intaccare, una infinitesima parte di ciò che essi stessi stanno facendo alla Palestina… Da settant’anni.