DI ITALO ARCURI
È morto Gianni Miná.
È morto il narratore periodista per eccellenza. È morto il giornalista che ha seguito passo passo la Storia contemporanea dell’umanità come pochi.
Averlo conosciuto, averlo letto, averlo sentito da vicino e averlo avuto ospite in alcune occasioni, per la presentazione dei suoi libri, o della sua rivista sull’America latina, é stato un onore e un piacere che non si può spiegare.
Sentirlo raccontare era come ripercorrere in presa diretta la cronaca della Storia e la sua è stata la cronaca di una generazione senza pace e senza meta. Una generazione ricca di idealità. Vogliosa di conoscere e curiosa di sapere sempre di più e meglio. Si diventava più critici con lui. E più liberi. Da giudizi e pregiudizi. È stato un gigante di empatia. Un Maestro. Per una professione bella proprio perché c’è stata, c’e e ci sarà gente come lui. Che ama il racconto più di sé stessi.
In un viaggio in macchina, con me c’era l’amica Lucilla, mi spiegò la differenza che passa tra un “parolaio” e un “paroliere”. Cose che solo lui era in grado di poter fare. E quel viaggio lo menziono sempre a chi ama le parole e le sa trattare con ritegno. Perché la sua vita è stata un viaggio, continuo e incessante.
Mesi fa gli ho telefonato per l’ultima volta. Non stava bene. E al mio invito per un libro rispose: “Non sai quanto mi piacerebbe…”.
Riposa in pace, Gianni! E che la terra, quella da te descritta al suono di calde vibranti parole, quelle alla Minà appunto, cui ci hai abituato, ti sia lieve. Di un lieve che solo persone come te meritano di sentire leggera. Buon viaggio!
P.s. Una dedica vergata sul suo libro “Il mio Alì” a mia figlia Emma è il lascito di una divulgazione ora più eterna. E che vale più di tante foto.