UCRAINA E CORTE PENALE INTERNAZIONALE: IL LEONE SDENTATO

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

Com’è noto il procuratore della Corte Penale Internazionale ( CPI) Karim Khan ha richiesto alla Camera Preliminare della Corte l’autorizzazione per “aprire un’indagine nella situazione dell’Ucraina”.

La richiesta scatena una pioggia di teorie disparatissime proposte da improvvisati e improbabili “esperti” di diritto internazionale. Soprattutto in Italia, com’è noto, è stato semplicissimo scoprire gli arcani dei virus, il diritto internazionale allo stesso modo è una passeggiata.
Essendo inesperto a mia volta sono andato alla ricerca di materiale che dissipasse i miei dubbi intorno all’efficacia procedurale delle iniziative della Corte. Ho reperito ciò che cercavo nella relazione redatta dall’ex giudice della CPI Cuno J. Tarfusser: https://www.giurisprudenzapenale.com/…/Tarfusser_gp…
Il magistrato afferma che non vi sono ragioni per essere troppo ottimisti sull’efficacia dell’azione della Corte oltre un significato meramente simbolico.
Il magistrato evidenzia tre criticità che imbrigliano la corte ai suoi stessi limiti: la legittimità dell’indagine, l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e la tempistica.
In questo post vedremo il primo punto, a seguire gli altri.
LEGITTIMITA’ DELLE INDAGINI: Tarfusser annota che l’intervento della Corte Penale Internazionale invocato da Kiev soffre di un vizio originario idoneo a vanificare ogni sforzo investigativo. Essenzialmente mancano i prerequisiti a garantire l’azione della corte. Questa presuppone che lo Stato, sul territorio del quale si investiga, abbia ratificato lo Statuto di Roma, oppure, nel caso in cui lo Stato non lo abbia ratificato, l’avere questi accettato la giurisdizione della Corte.
Il vulnus dell’indagine potrebbe palesarsi con effetti deflagranti sulla credibilità della Corte, offrendo validi argomenti ai detrattori, quando il Procuratore sottoporrà i risultati delle indagini al vaglio dei giudici. In quel momento verranno delegittimate le indagini e il valore processuale del materiale probatorio raccolto.

Spiego: l’Ucraina aveva redatto nel 2014 due dichiarazioni in cui riconosceva la giurisdizione della CPI pur non avendo ratificato il trattato di Roma: possono due dichiarazioni di accettazione della giurisdizione rilasciate in un contesto storico temporale, una situazione politica emergenziale e da un governo diverso, avere ancora efficacia ad otto anni di distanza? Possono ancora avere efficacia nell’evidenza assai scomoda che in questi otto anni il Parlamento ucraino non ha – come avrebbe potuto e dovuto – regolarizzato la propria posizione verso la CPI con la ratifica dello Statuto? Perché l’attuale governo ucraino, pur avendo trovato tempo e modo per proporre un’azione giudiziaria contro la Russia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) non ha trovato il tempo per depositare un’ulteriore dichiarazione “attualizzata” di accettazione della giurisdizione?
Rispondere è piuttosto imbarazzante perché l’Ucraina, per ragioni non note, nelle vesti dello Stato aggredito, vuole sottoporre a giudizio della corte i Russi ma dal 2014 ma da allora obbliga la corte a reggersi su piedi d’argilla. Forse che riconoscendo lo statuto l’Ucraina debba rispondere anche dei propri crimini? E’ solo un ipotesi.