DI VIRGINIA MURRU
Incide soprattutto il fabbisogno.
Il debito pubblico italiano ha raggiunto il record di 2.772 miliardi a febbraio, in aumento di 21,6 mld rispetto al mese precedente. Lo comunica la Banca d’Italia nella nota “Finanza pubblica, fabbisogno e debito”. Pesa soprattutto il fabbisogno, come indicano i dati riportati da Bankitalia sulle Amministrazioni pubbliche, i quali sono stati rivisti dopo la trasmissione della Notifica alla Commissione europea (il 31 marzo), secondo la Procedura prevista per i disavanzi eccessivi.
Il Mef, intanto, ha comunicato che la stima del fabbisogno del settore statale, per l’anno 2022, è pari a 66,9 miliardi di euro, ossia in miglioramento rispetto ai dati del 2021 (di circa 39,6 mld), ma inferiore nei confronti di quanto è stato indicato nell’integrazione della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza per il 2022.
Sulla nota al riguardo, Bankitalia precisa che il debito delle Amministrazioni pubbliche è stato calcolato ‘secondo criteri metodologici stabiliti nell’ambito della Procedura per i disavanzi eccessivi’, definito anche “Debito pubblico di Maastricht”.
Il debito pubblico sta diventando sempre più ‘monster’, e purtroppo con l’avvicendarsi degli esecutivi, negli ultimi vent’anni, ovvero nel nuovo millennio, la situazione è andata peggiorando. Ma è implicito che il problema riguardante il debito ha una storia lunga, che parte da lontano, già dagli anni ’80, in un susseguirsi di inerzia e temporeggiamenti, mancanza di iniziative di politica economica e finanziaria efficaci, in grado di mantenere un livello accettabile. Nemmeno la guerra che con gli anni ci ha mosso l’Ue, il Governo italiano è riuscito a riportare indietro la bussola impazzita dei conti pubblici.
Eppure, è necessario mettere le mani in quel pozzo senza fondo rappresentato dal debito, affinché si trovi una formula adeguata per chiudere la ‘bocca’ al mostro, il quale divora ogni giorno risorse impressionanti, che in definitiva pesano poi sulle scelte dell’esecutivo, e ricadono infine sulle spalle dei cittadini.
Bisogna precisare che non siamo i soli a sostenere un onere così gravoso nei conti pubblici, ci sono gli Usa a farci compagnia, se così si può dire, anche se, per ovvie ragioni, si parla di due economie distanti sul piano del potere economico, ed è inutile dire che gli Usa sono un gigante, e noi una realtà ben più modesta.
In questo versante, tuttavia, gli States, già verso metà dello scorso gennaio, in ambito di debito pubblico hanno raggiunto il limite autorizzato, che è di 31.400 miliardi di dollari. Quando negli Usa accade qualcosa che allarma, e che s’insinua anzi come una mezza scossa di terremoto, tutti gli organismi addetti a riportare ordine ed equilibrio si mettono in moto, come un’emergenza. E infatti il Tesoro è ricorso a strategie contabili per tenere saldo il rispetto verso i propri impegni.
Intanto, però, qualora questi espedienti non sortissero l’effetto atteso, ovvero, se il debito non sarà sospeso o innalzato entro una certa data nel corso dell’anno, secondo gli esperti la grande America rischia tecnicamente il default sul proprio debito.
E’ noto che il tetto del debito ha subito modifiche oltre un centinaio di volte, dal secondo conflitto mondiale in poi, dunque i due schieramenti politici ne faranno oggetto di pressing e ricatto, e avrà certamente il suo peso sul prossimo appuntamento elettorale.