UCRAINA SUL FRONTE DEL GRANO PERDE ALLEATI E MERCATO

DI ENNIO REMONDINO

 

 

Le guerre troppo lunghe logorano le alleanze. L’Ucraina ha criticato aspramente la decisione del governo della Polonia di vietare le importazioni di cereali e altri prodotti agricoli dal paese in guerra, compresi quelli in transito verso altri paesi. Ma alla Polonia si è unita l’Ungheria, critica verso Kiev per le discriminazioni alla comunità magiara della Transcarpazia. E l’iper atlantico premier polacco deve arrendersi a settimane di proteste degli agricoltori contro l’import esentasse di derrate alimentari ucraine.
Per Varsavia, non solo spese militari alle stelle, ma anche frutta e verdura. La Slovacchia si unirà ai due paesi confinanti solo per alcune categorie di prodotti agricoli. Bulgaria in procinto di adottare misure analoghe. La Romania per ora fronteggia il malcontento dei suoi agricoltori.

Unione europea, regole ed eccezioni

La Commissione europea ha immediatamente redarguito sia Varsavia sia Budapest per «misure unilaterali in materia di derrate alimentari, quando le politiche doganali, commerciali e agricole sono di competenza esclusiva dell’Ue». Ma contro la burocrazia vince Budapest, con i dati sulla contaminazione da tossine e OGM dei cereali importati dall’Ucraina. Prima la sanità pubblica sulle normative comunitarie del libero commercio.

Russofobi ma prima il benessere

La situazione si fa rischiosa per le strutture comunitarie, poiché altri Stati mitteleuropei penalizzati dall’esecutivo Ue potrebbero prendere decisioni autonome. La vasta protesta a Praga contro il carovita e la politica filo ucraina del governo Fiala – rileva Limes-, «è cartina di tornasole dell’umore dei popoli dell’Europa centro-orientale, tanto russofobi quanto sensibili alla conservazione di un relativo benessere». Oltre al conflitto armato, in Ucraina si consuma una guerra economica sui beni di consumo primari.

“Le proteste degli agricoltori dal Baltico al Mar Nero mettono in dubbio la compattezza del sostegno mitteleuropeo a Kiev. E rischiano di danneggiare ulteriormente la già fragile economia del paese invaso”.

Per un pugno di grano: Visegrad volta le spalle a Kiev

Sul Manifesto, Anna Maria Merlo, rileva come la decisione presa dalla Ue a favore di Kiev nel maggio del 2022 per un anno, sta arrivando a scadenza. E tutte le molte contraddizioni interne Ue e nei singoli Paesi coinvolti, stanno esplodendo di fronte a questa guerra e questi sacrifici senza fine. Le produzioni agricole ucraine, che sulla carta sono destinate a paesi terzi, hanno fatto però crollare i prezzi interni dei paesi limitrofi, oltre a portare alla saturazione dei silos. Con conseguenze politiche interne non trascurabili.

“In Polonia all’inizio del mese si è dimesso il ministro dell’Agricoltura e la crisi rischia di far traballare il Pis, il partito al potere, che tra qualche mese deve affrontare le elezioni che nel 2019 aveva vinto grazie al voto rurale”.

Polonia atlantista e i conti in tasca

«La Polonia è tra i paesi che si sono impegnati di più per fornire armi e accogliere rifugiati. Ed è quello che più preme, nella Ue, per spingere ad aumentare gli aiuti all’Ucraina in materia di armamenti e per aggravare le sanzioni contro la Russia». Ma, sottolineano a Bruxelles, «quando si tratta di difendere i propri interessi, Varsavia dimentica la solidarietà».

Pressioni interessate sull’Ue

«In realtà, la manovra di questi paesi è un mezzo per far pressione sulla Ue e ottenere un aumento degli aiuti: c’è già stato un primo pacchetto di 50 milioni di euro per gli agricoltori dalla Riserva per le crisi agricole, e un secondo è allo studio». Bruxelles ha chiesto un po’ di tempo per «valutare» la situazione e raccogliere maggiori informazioni. Spagna e Olanda hanno subito protestato per questo blocco: i due paesi sono importatori di cereali dall’Ucraina per l’alimentazione animale. Solo ieri, Sergio Mattarella in visita a Varsavia aveva esortato il presidente polacco Andrzej Duda a non lasciare sola l’Ucraina.

Ricaschi a livello mondiale

Il blocco dell’export, che chiude la strada per far uscire i cereali dall’Ucraina, rischia di avere conseguenze gravi per la sicurezza alimentare di varie parti del mondo. Anche se la produzione agricola dell’Ucraina, storicamente un granaio mondiale, è in calo a causa dell’invasione (dai 60 milioni di tonnellate esportate nella campagna 2019-2020, ai 47,5 milioni per il 2022-2023 e ribasso previsto a 40 milioni per il 2023-2024). Ma il 30% dell’export di cereali e ‘oleaginosi’ ucraini va al mercato europeo, il 30-35% all’Africa e il 40% all’Asia. Per molti paesi dipendenti, per esempio l’Egitto o la Giordania, c’è forte preoccupazione.

Come sostituire l’Ucraina?

“L’Argentina soffre di un’importante siccità, mentre il Brasile già si propone per il mais. Per Kiev l’export di prodotti agricoli è importante, anche se con la guerra, il reddito è diminuito anche per l’aumento dei prezzi di produzione, dall’energia alla logistica”.

 

Articolo di Ennio Remondino, dalla redazione di

18 Aprile 2023

 

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ENNIO REMONDINO

Giornalista prima nella carta stampata, poi 40 anni di radio televisione, per finire col web. Inviato speciale al Tg1 tra terrorismo, trame e mafia, corrispondente estero Rai per ‘Europa centro sud orientale’ con sedi successive a Belgrado, Gerusalemme, Berlino e Istanbul. Reporter nelle guerre balcaniche, dall’assedio di Sarajevo ai bombardamenti Nato sulla Jugoslavia per il Kosovo, in Iraq, Medio Oriente, Afghanistan. Ora, ‘diversamente giovane’, Remocontro.it per non perdere il vizio.