L’ARMOCROMIA DI ELLY SCHLEIN

DI ANTONELLO TOMANELLI  

ANTONELLO TOMANELLI

Quella di Elly Schlein non è una stecca, ma una nota ben inserita nel pentagramma. Un chiaro messaggio per chi non avesse ancora capito chi è questa donna. Cresciuta nei migliori collegi di Lugano, in una famiglia che definire agiata è un esercizio di eufemismo, è figlia di un noto politilogo statunitense e di madre accademica italiana, un fratello matematico e una sorella già verso le vette della carriera diplomatica. Elly Schlein è naturalizzata svizzera con doppia cittadinanza Usa e italiana. Una che gira con tre passaporti.

Ci tiene a precisare di credere ancora fermamente nella divisione tra destra e sinistra, nel senso che lei sarebbe di sinistra. Dice di stimare tantissimo Enrico Berlinguer, ma con lui ha in comune soltanto l’agiatezza economica: mai stata in una fabbrica, mai abbracciato un operaio, mai parlato con un povero.

Gli unici elementi che apparentemente, e almeno in teoria, la collocherebbero a sinistra sono l’appoggio incondizionato al movimento LGBT e l’apertura verso gli immigrati. Ma il ddl Zan, da lei osannato ma poi affossato in Parlamento nell’ottobre 2021, dietro le legittime tutele contro ogni discriminazione di genere, nascondeva l’azzeramento del diritto di critica verso quell’ideologia e la demolizione del principio dell’autonomia scolastica. Posizioni tutt’altro che di sinistra. Come l’auspicata politica migratoria dell’accogliamoli tutti senza se e senza ma, che finisce per incidere inesorabilmente sul costo del lavoro, unicamente a scapito dei lavoratori.

Non c’è dunque da meravigliarsi se abbia candidamente ammesso di utilizzare le competenze di un’armocromista al modico costo di 300 Euro l’ora. Delle critiche dei tantissimi lavoratori che vivono con 1.000 Euro al mese e di quelli che nemmeno ci arrivano, a una come lei non gliene può fregar di meno. E questo è poco ma sicuro.