SAN BABILA ORE 20.00

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

È la cronistoria, dal ‘48 ad oggi, dei “caduti” – operai, braccianti, studenti, sindacalisti – uccisi dai fascisti, dalle forze dell’ordine e dalla mafia. Una scia di vite spezzate.

<<Dobbiamo andare a far fuori un cinese>>.

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Milano 25 maggio 1975. Domenica sera. Sono in cinque. Tutti fascisti di “San Babila”. Armati di coltelli. Il loro ritrovo è il bar “Linus”.
Alberto Brasili e Lucia Corna, passeggiano lungo i portici di Corso Vittorio Emanuele. Brasili porta la barba e i capelli lunghi. Per i fascisti sono delle prede.
Il commando li pedina. Sono loro i cinesi da far fuori.
A Via Mascagni c’è poco traffico, l’illuminazione scarsa. E poi c’è la sede dell’Anpi. E’ la scena perfetta per colpire. Antonio Bega è il capo branco. Subito dietro: Giorgio Nicolosi, Enrico Caruso, Pietro Croce e l’unico minorenne Giovanni Sciavicco.
I cinque sanbabilini attaccano. Colpiscono alle spalle.
Su Alberto si abbattono cinque coltellate mortali. Mentre Lucia la scampa: la lama del coltello, che per due volte si è infilata all’altezza del petto, trova un ostacolo nelle costole, deviando la traiettoria diretta al cuore. L’arma che uccide Brasili è un serramanico con una lama lunga sei dita.
Alberto, 19 anni, di giorno lavora come operaio alla “Adt”, una ditta di antifurti elettrici e di sera frequenta l’istituto tecnico “Settembrini”. E’ impegnato nelle lotte per il diritto allo studio. Nel 1970 partecipa all’occupazione della sua scuola per l’ introduzione del biennio sperimentale.
Un uccisione a freddo, dopo quella sempre a Milano, appena il mese scorso, di Claudio Varalli.
Sei anni dopo. Sono settantuno gli anni inflitti dalla Cassazione alla squadraccia nera. Sedici anni e quattro mesi per Bega e quindici anni ciascuno per Nicolosi, Caruso e Croce. Dieci anni a Sciavicco. Tutti e cinque sono ritenuti colpevoli di omicidio volontario.
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L’anno successivo alla morte di Brasili il regista Carlo Lizzani realizza il film “San Babila ore 20: un delitto inutile”.