IL PIACERE DI CONVERSARE: LA CULTURA DA BAR DA CHI CE L’HA (E CI VUOLE UN … CERVELLO BESTIALE)

DI LIDANO GRASSUCCI

 

Debbo fare un incontro per parlare di bar. Io inizierei dal dirvi come si riconoscono quelli che “vanno” al bar ma non “stanno” al bar. Prima di tutto usano il bancone come fosse bollente e non accogliente così consumano e vanno via, con la faccia di chi “ha da fare” non sapendo fare se non farlo vedere. Insomma è quello che il caffè lo beve e non lo chiacchiera, non condivide, non lo “distribuisce”, ha paura di pagare e per questa tirchieria muove non avendo mai baciato la vita.

Quello che va al bar è’ quello che mangia da solo per timore di dividere il cornetto che invece per questo sta lì per condividere il mattino, se è mattino. Quello che la sera non divide il vino e per questo non sente neanche quel “divino” che è la ragione di un Dio che si fa uomo per provare la gioia di non esser solo.

Il non uomo da bar è…

Rigiriamola e torniamo all’uomo da bar che l’altro, uomo non è.

Alla sera al caffè con gli amici
Si parlava di donne e motori
Si diceva “son gioie e dolori”
Lui piangeva e parlava di te

Ecco devi avere cuore di poeta per stare al bar, devi vedere le donne con gli occhi che hanno visto mille e mille storie perchè non sei solo con le tue storie ma hai tutte quelle degli amici, un milione di milione di cose che senza il bar non ce né

Alle carte era un vero campione
Lo chiamavano “il ras del quartiere”
Ma una sera giocando a scopone
Perse un punto parlando di te

Bruno Lauzi, Il poeta

Ecco, un uomo da bar. Perdere un punto è come avere un disonore davanti alla sfida della vita, ma fa eccezione l’amore amici miei. Fa eccezione il cuore che batte nei bar ed è il cuore delle città, l’animo profondo delle comunità. Ehi ma non ti ho mai visto al bar con gli amici a nulla fare e… e allora non sei un uomo ma altro, che altro non so.

Perchè al caffè si parla anche di queste storie, ricordi lontani di amori o ricordi vicini di percorsi non tristi di sguardi mai visti.

L’uomo da bar è un lupo metropolitano, un pastore abruzzese, un contadino siciliano che prima o poi confessa agli amici che c’è bisogno di vivere il tempo non di contare i soldi della vendita del tempo e piange del sentimento che si perde e gli altri ci bevono su.

Un bar italiano è un posto di lunghe soste, come un club inglese, ma è anche un luogo di passaggi veloci, come un mercato cinese. E’ il posto dove, bevendo un espresso, si decide un affare o una serata, l’inizio di una collaborazione o la fine di un amore. In piedi, spesso: le emozioni verticali non ci spaventano.
Beppe Severgnini

Il bar è l’universo e l’universo sta in un bar.

I miei vecchi delle osterie non avevano scuole ma se gli parlavi d’amore ti raccontavano di Paolo e Francesca

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.

Dante, Canto V, Divina Commedia

Sapevano di paladini di Francia, delle furie di Orlando del viaggio di Astolfo a cercare il senno sulla Luna.

Chi non sa stare al bar è pericoloso nell’amore che non conosce, nell’odio che cova, nella bellezza che non può vedere.

Ne parleremo al bar martedì prossimo e sarà bello semplicemente parlare per il gusto di farlo, senza rete, come si fa al bar.

 

Articolo di Lidano Grassucci da

28 Maggio 2023