DI ALBERTO NEGRI
Le carceri turche siano piene di prigionieri politici, oppositori curdi e giornalisti (molti in esilio) e i media sono stretti nella morsa del potere. Lo sanno tutti ma sembra importare a pochi, denuncia il Manifesto. Tutti i soci Nato a congratularsi, e se qualche accenno di conto da pagare in vista di ben altro conti economici che gravano sul Paese, il Sì immediato alla Svezia nella Nato che arriva come un ordine dagli Stati Uniti, che sulle questioni citate all’inizio, sembrano distratti. Alberto Negri molto severo ma tristemente realista.
“Il malessere turco”
In un conciso libretto dal titolo ‘Il malessere turco’ (edizioni il Canneto), il saggista Cengiz Aktar fa notare che l’ascesa dell’autocrazia e delle derive ultranazionaliste e fasciste in questo Paese non è avvenuta come accadde in Europa come conseguenza di crisi sconvolgenti ma in uno stato storico membro della Nato, con un’economia promettente (naturalmente salvo l’ultima fase) e l’ambizione (ormai lontana e non più desiderata) di entrare nell’Unione europea. Risultato: oggi nel nuovo Parlamento saranno non più di 100 su 600 i deputati che potremmo definire autenticamente democratici e anti-fascisti.
Applausi senza ritegno
Eppure oggi tutti si congratulano con Erdogan artefice massimo di questa deriva: dalla Casa Bianca a Macron, da Israele agli europei, oltre naturalmente all’ «amicone» Putin, che Erdogan ha elogiato nella sua ultima intervista alla Cnn. Erdogan è l’unico filo-putiniano che nessuno si permette di criticare anche qui in Occidente, visto che media sul grano ucraino e russo mentre sul Bosforo tiene le chiavi del Mar Nero. Che le carceri turche siano piene di prigionieri politici, oppositori curdi e giornalisti e che i media siano nella morsa del potere, sembra importare a pochi.
Democrazia di mercato
Questo purtroppo è il segnale che l’Occidente è già pronto a convivere con Erdogan e nessuno si aspetta di avere a che fare con un leader più malleabile. Del resto sono il suo ultra-nazionalismo, il mito rinato dell’impero ottomano, la politica estera spericolata, che gli hanno ridato la vittoria, non i calcoli sull’inflazione in aumento oppure i suoi errori nella gestione della tragedia del terremoto. Persino l’opposizione ne è stata contaminata visto che faceva a gara con Erdogan su come liquidare la presenza di alcuni milioni di profughi siriani.
Un lungo corteo di autocrati e dittatori
“Se è vero, come sottolineava Michele Giorgio sul manifesto, che per le sue ambizioni regionali Erdogan ha bisogno di Israele e Golfo, il ‘reiss’ turco comunque nella regione sta sfilando insieme a un lungo corteo di autocrati e dittatori che si sta riposizionando”.
Articolo di Alberto Negri, dalla redazione di
1 Giugno 2023