KOSOVO, DOVE SI INSEGNA L’ARTE DELLA PROVOCAZIONE

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Che gli incidenti scoppiati nelle province settentrionali del Kosovo, a grandissima maggioranza serba, siano da imputare al comportamento tracotante delle autorità kosovare, lo dimostrano i fatti. Un Paese posto sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite, che ha violato ripetutamente le sue indicazioni.
Tutto incomincia il 10 giugno 1999. La Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza Onu delega ad un contingente Nato il mantenimento della pace in Kosovo, smilitarizzando i gruppi armati come l’Uck, e nel contempo sollecitando un processo politico volto ad attribuire al Kosovo forme di autonomia.
Ma la Risoluzione Onu riafferma la sovranità e l’integrità della Repubblica Federale di Jugoslavia, di cui la Serbia è lo Stato successore riconosciuto. Insomma, il Kosovo potrà godere di una certa autonomia, ma rimanendo parte integrante di una Serbia sovrana.
Giusto per dimostrare quale rispetto porta verso la più alta istituzione internazionale, il 17 febbraio 2008 il Parlamento di Pristina dichiara l’indipendenza del Kosovo. Non tramite referendum. E nemmeno attraverso un organismo rappresentativo, visto che quei deputati sono stati eletti soltanto dal voto degli elettori di etnia albanese. Il tutto in barba alla Risoluzione 1244, che aveva rimarcato la sovranità della Serbia sul Kosovo.
Ma la dichiarazione di indipendenza non ha molta fortuna. Soltanto 101 Stati sui 193 che compongono l’Assemblea Onu riconoscono il Kosovo. Grandi potenze come Russia e Cina si smarcano. E nella UE rispondono picche Spagna, Grecia, Romania, Cipro, Slovacchia. Ed essendo necessario, per simili decisioni, il voto di almeno i due terzi dell’Assemblea, il Kosovo non riesce nemmeno a mandare un suo rappresentante al Palazzo di Vetro. Oggi il Kosovo non è membro delle Nazioni Unite.
Si arriva all’aprile 2013. A Bruxelles la UE stende un accordo al quale aderiscono sia Serbia che Kosovo. Si istituisce la Comunità delle Municipalità Serbe in Kosovo, dove ai Serbi dovranno essere garantiti i due terzi nelle istituzioni.
Lo scoppio della crisi di Euromaidan del 2014 pone quel processo in una fase di stallo. E il presidente serbo Aleksandar Vucic chiede alla UE se gli accordi di Bruxelles sono validi o se rappresentano soltanto una farsa. Nessuna risposta.
Fino ad arrivare alla «guerra delle targhe» del settembre 2022. Il Parlamento di Pristina impone a tutti i serbi di reimmatricolare le proprie autovetture, munendole di targa della Repubblica del Kosovo. Una violazione della sovranità serba. In effetti, è un po’ come se il consiglio provinciale di Bolzano imponesse ai propri automobilisti di applicare alle autovetture una targa indicante la nazionalità sudtirolese, anziché quella italiana.
Gli incidenti di questi giorni derivano dal fatto che i sindaci delle città a maggioranza serba, per protesta contro le autorità di Pristina, si sono dimessi. Le elezioni conseguenti sono disertate in massa dai serbi. Risultato: alle elezioni va a votare il 3.2% degli aventi diritto, tutti rigorosamente di etnia albanese. E i Serbi cercano di impedire l’insediamento di quei sindaci, eletti con quella percentuale. Di qui gli scontri con le forze Nato.
Analizzando il tutto, si può parlare di provocazione ai danni della Serbia? Probabilmente sì. Ma perché la Serbia?
La Serbia, che vanta storicamente strettissimi rapporti con la Russia, oggi può ritenersi una sorta di enclave nel continente Nato. Da nord, procedendo in senso orario, è circondata da Ungheria, Romania, Bulgaria, Grecia, Macedonia del Nord, Albania, Croazia, Slovenia. Tutti Paesi con tessera Nato. Soltanto la Bosnia Erzegovina, tra gli Stati dell’ex Jugoslavia, non ne fa (ancora) parte.
Non a caso nel giugno 2022, a conflitto russo-ucraino già divampato, il ministro russo Lavrov non potette atterrare a Belgrado perché nessuno degli Stati Nato limitrofi gli aveva accordato il permesso di sorvolo.
Insomma, se di questi tempi si parla in continuazione di aggressore e aggredito, un po’ più a sud abbiamo, senza possibilità di smentita, provocatore e provocato.