QUINTO COMANDAMENTO: NON UCCIDERE

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Si fa presto a comandarlo, specialmente se si è una divinità che vive nell’alto dei cieli al di sopra del bene e del male.
Quaggiù ci siamo noi e nel nostro vivere insieme attraverso i secoli in mille forme di società diverse non c’è mai stato nulla, a parte quelle due parole incise nella pietra, che ci abbia spinto a considerare inviolabile la vita umana. Tutti uccidiamo per le ragioni più diverse, direttamente o per procura, e tra tutte le ragioni che ci spingono a versare il sangue altrui la follìa è probabilmente l’unica che possa spiegare e giustificare.
Uccidere non può essere un limite invalicabile se giustifichiamo le guerre, se invochiamo la pena di morte, se non solo abbandoniamo i derelitti del mondo al loro destino ma addirittura promulghiamo leggi per impedire che vengano soccorsi, se per avidità spegniamo i sistemi di sicurezza dei macchinari, se consentiamo a uno stragista mai pentito come Giusva Fioravanti di scrivere sulla prima pagina di un quotidiano, se un assessore di Voghera spara nella pancia di un marocchino che non gli aveva fatto nulla e viene assolto.
Tutto ciò che ci circonda sembra volerci insegnare che la vita umana non vale una mazza, per questo faremo nuove leggi più mirate e più punitive.
Certo per guadagnare qualche voto ma soprattutto per nascondere il fatto che in fondo ci va benissimo così almeno fino a quando il sangue non sarà il nostro o quello di qualcuno che amiamo.