LA POVERTA’ IDEOLOGICA DI GIORGIA MELONI

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

“Non possiamo far innamorare gli altri di noi se prima non amiamo noi stessi e riscopriamo ciò che ci lega e ci rende una comunità di destino” By Giorgia Meloni

La nostra presidente del consiglio sfoggia bigiotteria linguistica tronfia, priva di riflessione su concetti maneggiati goffamente a testimoniare che della nostra democrazia ha capito poco o nulla.
Prima della Meloni aveva usato la locuzione “comunità di destino” lo scrittore Antonio Scurati che ospitato dal Corriere della Sera aveva sfornato un pezzo a tutta pagina (“Prova di maturità per una generazione baciata dalla sorte” con la buona sorte personificata in Mario Draghi) in cui era palpabile che a forza di studiare Mussolini e romanzarlo si può affondare nel pantano ideologico totalitario che la “pappagalla” Meloni invoca nella “Comunità di destino”.
Pur sfoggiando autostima proterva difficilmente qualcuno si invaghirà di noi se incarniamo la stessa idea da cui derivarono dittature fasciste e regimi comunisti, i quali si fondarono sulla ricostruzione della nazione secondo la “comunità di destino”, ovvero la forma più eclatante di alterità con la democrazia liberale.
Quest’ultima si fonda su una continua scelta consapevole di appartenere a una “patria” comune da parte di cittadini che forgiano liberamente i loro destini individuali e che convivono pur avendo visioni assai diverse sul futuro. Invece nella cara Meloni i cittadini diventati sudditi hanno la sola libertà di “credere e obbedire” al destino che l’ideologia di Fratelli d’Italia impone a tutti. Nella filosofia politica meloniana dietro l’idea di patria si nasconde il volere di un’oligarchia sfacciata e opulenta non una solida patria comune in grado di reggere alle sfide della storia.
Gli Italiani non devono riscoprire proprio nulla perché non hanno vissuto gli ultimi 50 anni nell’edonismo, si sono rimboccati le maniche per lavorare, realizzare sogni, crescere i propri figli, partecipando liberamente alle scelte a cui il paese è stato chiamato. E che l’Italia è un paese l’ aveva già dimostrato durante le rinunce imposta dalla pandemia, congiuntura storica in cui la Meloni non ha fatto altro che remare contro la comunità refrattaria al suo totalitarismo germinante che oggi fiorisce divulgato da canzonieri minchioni.
Non c’è bisogno della “comunità di destino” perché i cittadini sperimentino le dinamiche collettive in cui la libertà di ciascuno si confronta coi vincoli del bene comune che non può rivelarsi nella società di caste che rincorre il nostro governo.
Così una buona democrazia è in grado di far rispettare e tutelare gli interessi pubblici per evitare di soccombere sotto l’aggressione continua di oligarchi militaristi nazionali e stranieri, usurpatori di risorse pubbliche, i quali vogliono imporre la comunità di destino della guerra e dei morti per la menzogna della pace giusta.