DI LIDANO GRASSUCCI
Ieri la città si vedeva a malapena, oggi la città si vede tutta intera
Ieri il mare si scuoteva da fare pena, oggi mare ha la palma tutta nera
Anidride Solforosa, Lucio Dalla, Roberto Roversi
Siamo a giugno, un giugno strano che pareva novembre. A Latina, ovunque sei, c’è una campagna da vedere e il cielo. Non so se è bella o brutta ma sicuramente è comoda, sicuro respira. Cammini un poco e stai al mare, se ti volti vedi una montagna che puoi toccare.
Non abbiamo una città da fare, ma un giardino da curare. Un giardino di mille nani, spiriti del bosco, fate, ninfe, gnomi che vivono con elfi, uomini e orchi tanti.
Qui l’unica cosa che offende è il cemento che non serve al cui feticcio si abbassa la testa
L’ANIMO DEL CLINTO
Qui gli uomini… Mio zio Toni Bergamin era un cispadano venuto qui nel 1932 che non la prese male e rifece qui la sua “comunità” con tanto di clinto.
Era vietato, tremendamente vietato, ma amato tanto amato e la libertà era farlo insieme alle grappe pure loro senza legge. Roba per duri perché di “felicità” si può morire
LA LEGGE
Nel 1931, in Italia fu emanata la Legge n. 376 che vietava sia la coltivazione che la commercializzazione dell’uva prodotta da vitigni ibridi di qualsiasi genere. Fra quelli proibiti c’erano il Bacò e il Clinto
IL MALE
Una delle principali caratteristiche del vino Clinto è l’elevata presenza nella buccia dell’uva di tannini e composti potenzialmente tossici per l’uomo. Questo regala anche un’altra ragione per la sua limitazione e rende necessario il consumo del vino Clinto in modo moderato ed entro determinati limiti di frequenza e quantità
ZIO TONI
Zio Toni e i suoi avevano il segreto del vino clandestino e tra queste lande nascondersi era facile e diventavi facilmente bandito di vino. Il vino salvò la mia gente, ora lo bevete per il gusto, fate le smorfie con il viso, ma noi no: noi lo “mangiavamo” il vino e lui ci nutriva. Il clinto poi è difficile da nascondere, lascia le prove, le labbra e la bocca rossa come un Dracula che non uccide. Se metti un acino di questa uva in milioni di acini di altra uva quella diventa clinto diventa sangue. Come gli alambicchi per la grappa che non era riba da “siori” ma cosa da uomini veri. Quelli che andavano ubriachi a morire sul Carso, sulle trincee di Croazia così faceva meno male finire.
Del clinto si è persa la memoria, dell’animo di una città intera di cispadani che dall’oggi al domani da lì è venuta qui senza mai poter tornare eppure non era poi così distante, ma con il clinto e la grappa potevi stare dove volevi e sentire le campane di San Marco.
Questa che vi ho raccontato non è una storia di muri, di edifici, ma è il mattone umano di Latina, è la sua anima profonda quella che non vedi ma c’è. Quella che se scoperta, seguita, amata fa capire di questa campagna che ospita una città “ndove gl’era tuti compari e comari, amici da osteria, e i crucchi, e i milanesi non ga capio mai niente de nuantri poaretti che gavevamo el vin che no se podea far”
Noi per vivere sfidavamo la morte, tanto non avevamo nulla da perdere.
Latina è questa anarchia non le banalità delle vostre casette, dei vostri piani particolari, noi giochiamo con la vita per viverla.
“Il mondo è un bel libro, ma poco serve a chi non lo sa leggere”.
Carlo Goldoni
Articolo di Lidano Grassucci da:
17 Giugno 2023