DI MARIO PIAZZA
Credo sia capitato a tutti di fare cose pericolose.
Per quel che mi riguarda penso soprattutto alla pesca subacquea che ho praticato fino ai trent’anni, ma la possibilità di lasciarci le penne non aveva nulla a che vedere con le motivazioni che mi spingevano ad immergermi. Pensavo ai pesci che avrei potuto catturare e alle cose strane e meravigliose che avrei visto sui fondali marini e prendevo ogni precauzione per scongiurare un sempre possibile incidente.
Per questo considero chi fa cose estreme per assaporare il rischio della propria morte come un malato di mente o nella migliore delle ipotesi come un povero sfigato che della vita nulla ha capito e dalla vita nulla ha avuto che la rendesse degna di essere vissuta così com’è. Ci sono poi quelli che la propria vita la mettono in gioco per farci soldi offrendone lo spettacolo a un pubblico in cerca di emozioni malate, né più né meno che la riedizione in forma tragica della pornografia.
E fin qua siamo all’interno del libero arbitrio, possiamo pontificare contro certe scelte come sto facendo io oppure comprenderle e condividerle, o semplicemente sbattercene le balle.
Se però certe scelte possono comportare gravi danni o la morte di persone innocenti, che vengano fatte per problemi mentali o per denaro è la stessa cosa, stiamo parlando di potenziali assassini seriali e guardandone le gesta senza intervenire ci rendiamo loro complici.
E’ questo che dovremmo spiegare ai giovani mostri che abbiamo generato, e per il bene di tutti dovremmo augurare ai protagonisti di queste insensate bravate di schiantarsi tutti al primo tentativo possibilmente senza coinvolgere nessun altro.