DI CLAUDIO KHALED SER
“Da un legno storto, come quello di cui l’uomo è fatto, non può uscire nulla di interamente diritto”. (E. Kant)
Ovvero, la perfezione è impossibile, ma è quello a cui dobbiamo tendere, pur essendo consapevoli della sua irraggiungibilità.
Costa fatica perché é molto più facile essere imperfetti e francamente é anche piacevole.
Bello smarrirsi tra le proprie contraddizioni, usare l’umore come olfatto, decidere di dar retta agli impulsi e mettere la Ragione all’angolo.
L’Uomo Storto cammina a vista con la “cecità” che spesso lo aiuta a non guardare e a non guardarsi.
Procediamo a tentoni cercando d’evitare gli spigoli e quando li urtiamo diamo loro la colpa d’essere tali.
In pratica ci assolviamo da tutti i peccati considerandoli solo “debolezze”.
La nostra fragilità, scambiata spesso per “sensibilità” é solo un modo per sentirci dritti, per affermare che siamo umani e ci facciamo carico del dolore di tutti.
A parole sia chiaro.
Perché c’é sempre un limite anche nell’addossarci i guai degli altri, i dolori degli altri, le cadute degli altri.
L’Uomo Storto non soffre di rimorsi, tuttalpiù di rimpianti perché avrebbe voluto ma, le condizioni avverse, glielo hanno impedito.
Non é colpa sua, si da una pacca sulle spalle e riprende a vivere.
La Perfezione?
E’ un lusso che non ci possiamo permettere.
Qualcuno ci ha provato, é finito nei Libri di Storia.
Magari con qualche rimpianto domandando al Cielo:
“Padre perché hai permesso tutto questo?”