DI GIOACCHINO MUSUMECI
Carol Maltesi, 26 anni, è stata brutalmente assassinata l’undici gennaio 2022 a colpi di martello e una coltellata alla gola. Davide Fontana, l’assassino 44enne, non pago fece a pezzi il corpo della ragazza, lo nascose nel congelatore, e poi lo buttò in alcuni sacchi dell’immondizia ritrovati mesi dopo.
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Il PM ha chiesto l’ergastolo ma la corte ha ritenuto di comminare una pena di 30 anni adducendo motivazioni incredibilmente pretestuose: “ L’omicida “si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo aveva usato e ciò ha scatenato l’azione omicida”. Siccome l’assassino era perdutamente innamorato della ragazza per i giudici non c’è stata premeditazione: “Bottana sei…Peggio per te”. La ragazza dunque avrebbe ferito l’uomo che ha pensato bene di farla pezzi.
Queste le ragioni per cui la corte ha ritenuto di escludere l’aggravante dei futili motivi che avrebbero condotto all’ergastolo.
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Dire che abbiamo un grosso problema di gestione del maschilismo non è sufficiente. L’Italia, già condannata nel 2021 dalla Corte Europea dei diritti umani per la vittimizzazione secondaria che la giustizia svolge contro le vittime di femminicidio e violenza contro le donne, é ferma vergognosamente al “te la sei cercata.” oppure “Le donne che ostentano” che è l’anticamera del solito “te la cerchi”.
Abbiamo un problema educativo gigantesco, uomini, donne e giovani debbono domandarsi in che modo i modelli educativi familiari portino a episodi di violenza aberranti. E nel caso la donna denunci dobbiamo chiederci perché ogni volta si debba ricominciare daccapo nel segnalare vizi distorsivi e narrazioni che immancabilmente colpevolizzano le donne.
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Non è difficile capire perché la donne vittime di violenza denuncino con difficoltà se i fatti vengono minimizzati da avvocati difensori i cui argomenti pretestuosi saranno spesso avallati dai magistrati giudicanti.
Carol è uno dei tanti casi vergognosi in cui superficialità e pregiudizio maschilista sono le basi, purtroppo solide, su cui poggia una sentenza gratificante per il brutale assassino di una donna.
Basta che Carol “In qualche misura” neanche specificata, si sia servita dell’uomo per scatenare la furia omicida.
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E’ sufficiente dunque supporre per colpevolizzare la vittima il cui cadavere è stato addirittura fatto a pezzi. Inoltre, come chiunque può notare, si sottolinea che Carol fosse “disinibita”, come se il dato qualificasse negativamente la ragazza e costituisse un’attenuante più che uno stereotipo letale e ben interiorizzato nei giudici della corte.
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Il pregiudizio che caratterizza questa sentenza ricorda tristemente la recente assoluzione in secondo grado di un uomo che ha violentato un’amica ubriaca. I Giudici hanno ribaltato la sentenza di colpevolezza in primo grado ritenendo che la vittima avesse in qualche modo, anche qui è bastato supporre, condotto l’amico a stuprarla perché ubriaca. Inoltre la donna avrebbe indotto il comportamento violento per aver chiesto di essere accompagnata al bagno e chiesto dei fazzolettini. Socchiudere la porta per farseli passare sarebbe stato l’elemento scatenante e addirittura legittimante la violenza. Dunque secondo la sentenza, la vittima, tanto per cambiare, se la sarebbe cercata.
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Vergognarsi? Non basta.