DI GIOACCHINO MUSUMECI
Non possono convivere il lutto nazionale per Silvio Berlusconi e l’ufficialità del ricordo di Falcone e Borsellino.
I due piani stridono e la vergogna più nera investe l’Italia.
L’ oscurità mafiosa non sarà dissipata, la flebile brezza della legalità e vinta ogni anno dalla bora dei mistificatori.
Non è possibile riporre troppa fiducia nello Stato che ha abbandonato tra i più degni cittadini nelle mani degli stragisti mafiosi. Al massimo offro allo Stato pietosa tolleranza finché non sarà terminata. In questo senso sono nauseato del politicamente corretto, dell’etica secondo cui la nostra osservazione deve fermarsi all’alt di istituzioni la cui condotta è costellata da episodi angoscianti a dir poco.
L’abbondono fu il destino che l’Italia riservò a Falcone e Borsellino.
E dopo il danno la beffa: ai corpi dilaniati dei magistrati più simbolici della lotta alla mafia, seguì l’ascesa di Silvio Berlusconi, colui che foraggiò le cosche in nome di un patto che lo Stato ha negato riabilitando proprio quegli uomini dello Stato che si accordarono coi mafiosi. Non posso provarlo ma supporlo è più che lecito: Il timing che sottolinea la discesa in campo di Silvio Berlusconi, la reazione scomposta della Dx davanti alle indagini che investono Dell’Utri, i bavagli ai magistrati imposti dalla riforma Nordio, rischiano di porre una pietra tombale sulla reputazione vacillante della Stato e i suoi controversi segreti su commistioni mafiose e servizi “deviati”.
Falcone e Borsellino furono vittime dello Stato, immolati perché la Mafia è nello Stato.
Chi si appropriò della famosa “agenda rossa” del giudice Borsellino, non fu un uomo di mafia ma di Stato perché il misterioso personaggio, sparito nel nulla, seppe bene dove mettere le mani per trafugare documenti da cui sarebbero emerse chissà quali inquietanti commistioni e progetti politico mafiosi.
Lo Stato, la cui credibilità è stata sublimata col tritolo che assassinò Falcone e Borsellino, non dovrebbe ricordare i giudici che ha ripudiato, piuttosto dovrebbe celebrare il proprio de Profundis.
La nostra Repubblica è attualmente un insulto alle fatiche e la perseveranza di chi davvero sacrifica la propria vita in silenzio per la comunità, ciò a costo di vedersi delegittimati o trucidati.
Oggi l’onore di Falcone e Borsellino brucia nella pira degli ipocriti mafiosi infiltrati nello Stato.