DI MARIO PIAZZA
La parola patriota l’abbiamo imparata tutti sui banchi delle scuole elementari, quando la maestra ci raccontava di Pietro Micca, di Enrico Toti e dei fratelli Bandiera.
L’abbiamo ritrovata più tardi nella storia greca con i 300 di Leonida alle Termopili e altre sanguinolente storielle sulle guerre persiane, e poi il cinema ne ha fatto man bassa per ogni sporca guerra che ha raccontato.
Patriota è anche una parola dal significato indefinito e quindi stupida, come sono stupide tutte le parole che cambiano completamente la propria essenza a seconda di chi le pronuncia. Per i giapponesi erano patrioti i kamikaze, per gli irlandesi quelli dell’IRA, per i baschi l’ETA, per gli israeliani i coloni e per Al Quaeda i dirottatori dell’11 settembre.
Si può essere stupidi e violenti anche senza indossare una divisa delle SS o fare il saluto romano, perchè le parole sono pietre e quando sono troppe possono sfuggire dal sacco di rispettabilità democratica che per ragioni puramente elettorali a volte conviene esibire.
Patriota è una parola legata indissolubilmente alla violenza, per questo andrebbe pronunciata con parsimonia ed attenzione.
Per questo chi la ruggisce ripetutamente a una platea violenta, razzista, omofoba ed erede diretta di un passato tenebroso fatto di omicidi e torture andrebbe processato per la violazione dell’articolo 414 del Codice Penale, quello che punisce l’istigazione alla violenza con una pena variabile da 1 a 5 anni di reclusione.