DI PIERO ORTECA
Dopo la politica estera, l’esercito. Tempo di significativi rimpasti dentro il Partito comunista cinese. Xi Jinping cambia i vertici delle forze nucleari missilistiche. Rimosso Li Yuchan, comandante fino a ieri e, addirittura, promosso al Comitato centrale del partito lo scorso ottobre. Assieme a lui, secondo quanto riportato dal South China Morning Post di Hong Kong, sono stati messi sotto inchiesta i suoi vice. La drastica decisione dopo le indagini della Commissione per le ispezioni disciplinari del Partito.
La People’s Liberation Army Rocket Force (PLARF ; cinese :中国人民解放军火箭军; pinyin: Zhōngguó Rénmín Jiěfàngjūn Huǒjiàn Jūn), è la forza missilistica strategica e tattica della Repubblica popolare della Cina
Accuse di corruzione, ma forse è altro
L’accusa che ha portato al siluramento degli alti ufficiali è quella di corruzione. Anche se il Financial Times, citando fonti anonime, parla di ‘divulgazione di segreti di Stato’, perché in Occidente avrebbero la mappa di tutti i silos nucleari di Pechino. Tutto questo, fermo restando il fatto che, trattandosi di militari che operano in un sistema di potere piramidale, ogni altra illazione è plausibile. La vicenda dei ‘generali nucleari’ ricorda, molto da vicino, quella recentissima (e ancora avvolta dalle nebbie dell’incertezza) che ha visto protagonista l’ex Ministro degli Esteri, Qin Gang. Gli specialisti vedono, in questo nuovo caso, una ulteriore marcia indietro di Xi Jinping rispetto alle sue precedenti scelte. Il ‘nuovo Mao’ ha puntato decisamente sullo sviluppo della deterrenza nucleare, facendo della Rocket Force imperniata su missili balistici il suo fiore all’occhiello. La rivoluzione strategica è cominciata nel 2015 e dura, con una progressiva accelerazione, ancora oggi, in chiara funzione anti- americana.
Rocket Force e missili balistici
Xi Jinping ha dato una corsia preferenziale alla Rocket Force, soprattutto in termini di prestigio e di risorse finanziarie. Che poi sono due concetti che si tengono strettamente per mano. Insomma, intorno ai missili girano un sacco di soldi. E di potere. Per cui, forse, legare autorità di comando e colossali stanziamenti di capitali, è stato un po’ come mettere i topi nella stanza del formaggio. La lotta alla corruzione tanto invocata e propagandata da Xi Jinping, dalle parti della Rocket Force esce alquanto malconcia. Certo, le illazioni alle quali accennavamo prima si moltiplicano davanti ad alcune ‘coincidenze’. Il primo grande capo delle forze nucleari cinesi, nel 2015, è stato Wei Fengh, un uomo devotissimo a Xi. Così potente da diventare Ministro della Difesa (grazie al suo leader), nel 2018. Carica che ha mantenuto, inossidabile, fino allo scorso marzo, quando è andato in pensione. Una settimana dopo (guarda caso) sono partite le indagini, che toccavano ufficiali a lui in qualche modo collegati. E, quindi, graditi anche a Xi Jinping. Così come lo stesso Ministro Qin Gang, prima di essere silurato, era stato scelto proprio dal leader supremo in persona.
Pulizie in casa volute o costrette?
Pare di capire che la tanto decantata ‘campagna per la trasparenza’ promossa da Xi Jinping, almeno indirettamente gli si ritorca contro. E che lui debba fare di necessità virtù, ‘bruciando’ i collaboratori che si era scelti prima. Rivelazioni del South China Morning Post sulla piaga della corruzione: «Quasi tutti i generali anziani della forza missilistica avevano una buona reputazione, prima della loro promozione. Sono diventati immorali dopo essersi trasferiti al quartier generale di Pechino, il che ha permesso loro di avere più possibilità di impegnarsi con imprese legate all’industria della difesa». In ogni caso, se la battaglia anticorruzione di Xi, per bonificare il Partito e i gangli amministrativi dello Stato, è portata in ogni direzione, sembra chiaro che il settore più ‘sensibile’ sia quello della Difesa. Il controllo della Commissione Militare Centrale è fondamentale per tutti gli equilibri di potere che, attraverso il Politburo, si fondono nella figura di Xi Jinping. Così, la lotta anticorruzione, diventa un alibi formidabile per eliminare preventivamente possibili avversari politici.
Il Partito sull’apparato militare
Con la Commissione Militare Centrale del Partito, Xi, nel corso degli anni, ha fatto in modo di organizzare un blocco di potere, estromettendo personaggi che avrebbero potuto ostacolarlo, come i vicepresidenti Guo Boxiong (condannato all’ergastolo) e Xu Caihou, deceduto durante il processo. Durante le purghe del 2017 (sempre sotto lo slogan della lotta alla corruzione) il Partito (cioè Xi) si è vantato di avere eliminato ‘più di 100 generali’. Una cifra superiore, è stato detto a Pechino, con un misto di orgoglio e minaccia, a quella totale che risulta dopo la rivoluzione di Mao nel 1949. A dare, come al solito, un’interpretazione efficace e corrosiva dei fatti è il Financial Times: «Non è chiaro se la rinnovata attenzione di Xi Jinping per l’esercito sia stata provocata da un caso particolare o da maggiori preoccupazioni sulla lealtà politica». Il quotidiano britannico, inoltre, sottolinea che il leader cinese, dopo aver preso il potere, «si è lanciato in una drammatica azione di revisione, per riaffermare l’autorità sull’esercito, una forza che secondo lui aveva iniziato a decadere ed era sfuggita al controllo del Partito comunista».
“In definitiva, quello che dicevamo prima: la lotta alla corruzione è il mezzo, ma il controllo assoluto del potere il vero fine”.
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
1 Agosto 2023