DI PIERO ORTECA
Forse l’ultimo leader europeo a crederci veramente è stato Silvio Berlusconi premier, compare di nozze del figlio di Erdogan. Poi Silvio è tramontato, mentre l’allora premier turco, poco gradito a molti nei dintorni di Bruxelles, ha iniziato a guardare a sud verso le glorie e le terre dell’ex impero ottomano. Da impero ad impero, Sultano anche col nuovo Zar.
Non per amore ma per convenienza
Dare avere. Nell’ultimo vertice Nato, in Lituania, il governo turco ha dato il suo via libera all’ingresso della Svezia nell’Alleanza atlantica. In cambio, diciamocelo senza giri di parole, il Presidente Biden ha fatto il ‘miracolo’ e con l’obbediente Von der Leyen hanno rispolverato i documenti turchi, che marcivano nel fondo dei cassetti. Per la verità, la ‘conversione’ di Ankara a favore di Stoccolma è stata accompagnata da altri ‘miracoli americani’. Con le ali degli F-16, ed esempio. Ma di questo parleremo un’altra volta.
Turchia ex laica e islamizzata nell’Ue?
In percorso della Turchia verso l’Ue era vecchia a tormentata, di fatto messa da parte. Erdogan godeva sempre di minor buona fama nelle più rigorose democrazie occidentale e ogni occasione era stata buona per rallentare il tormentato processo di allargamento. D’altro canto, anche lo scaltro ‘sultano’, con un paio estrose di piroette geopolitiche, aveva indirizzato altrove il suo interesse. Sogna una Turchia grande potenza regionale, che guarda all’Asia centrale e che vuole giocare una partita multipolare.
Crisi economica e convenienze
Ora le note dolenti della economia turca stanno modificando le ‘disponibilità politiche’ dei vertici politici del Paese, che poi vuol dire Erdogan e basta. L’inflazione, a luglio, è risalita di nuovo al 50% e i prezzi dei generi alimentari sono ormai fuori controllo, con un astronomico + 60%. Per non parlare di alberghi e ristoranti, nel pieno della stagione turistica: + 80%. Insomma, un dramma. È il rischio concreto che la gente scenda per le strade a spaccare tutto. Pensate che solo le tasse sulla benzina sono aumentate in un colpo del 200%. La lira turca ormai vale carta straccia e le importazioni costano un occhio. Mentre le esportazioni, in valore, rendono poco, visto il cambio sfavorevole.
“Insomma, adesso conviene pure a Erdogan cercare di stringere, il più possibile, i legami con l’Unione, magari mirando a raggiungere, sotto la vernice della ‘inclusione politica’, concreti vantaggi finanziari e commerciali”.
Turchia alibi per altre ammissioni “difficili”
Bisogna aggiungere che le vecchie motivazioni del congelamento Ue alla candidatura turca, cioè tutta la sequela di condizioni politiche, giuridiche, sociali ed economiche, diventano discriminatorie se messe a confronto con altri ‘sconti’ di accesso Ue che qualcuno premedita. Perché altri Paesi (Ucraina e Moldavia e sei Stati dei Balcani) non soddisfano ugualmente le regole-condizione poste da Bruxelles. Eppure, in quei casi, le procedure vanno avanti. Quindi, pensa qualcuno a Washington e succursali, sarebbe equo per l’Unione Europea mettere la Turchia in lista d’attesa, almeno su un piano di parità con gli altri. O anche un po’ più su, perché la sua ‘application’ è molto più datata.
Realpolitik e geopolitica
Dove non arriva la correttezza diplomatica, giunge inesorabile la ‘realpolitik’ e, appresso, la mannaia della geopolitica. Operativamente, i Ministri degli Esteri UE stanno già discutendo sulle nuove proposte avanzate da Erdogan: maggiore accesso all’unione doganale, liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, estensione degli aiuti legati alla gestione delle migrazioni internazionali. La cornice disciplinare sarà poi trasmessa al braccio diplomatico della Commissione, per condurre le trattative con Ankara. Si prevede che un confronto produttivo possa essere tenuto entro la fine dell’anno. Fonti anonime di Bruxelles hanno anticipato che, nel prossimo bilancio UE, è prevista la riconferma di uno stanziamento di 3 miliardi di euro, da destinare alla Turchia per l’accoglienza dei profughi siriani.
Incognite
Inutile sottolineare che sulla ripresa di slancio del rapporto Turchia-UE pesano alcune incognite. Una di queste è lo status dell’isola di Cipro. E infatti, Grecia e Cipro vigilano e chiedono garanzie sul rispetto dei criteri di adesione. C’è poi il tormentato rapporto tra Erdogan e gli altri poteri dello Stato, a cominciare dalla magistratura per finire alla libertà di stampa. Carceri stracolme anche di giornalisti. Problemi enormi di democrazia. Molto lontani dai criteri di allargamento UE. Infine, diversi diplomatici europei evidenziano quella che definiscono ‘ambiguità geopolitica’ di Erdogan su Russia-Ucraina. La Turchia continua a commerciare con Mosca e non applica le sanzioni, viene ripetuto. Anche se, ai vertici della Commissione, ci si affanna a gettare acqua sul fuoco, visto anche il parere, particolarmente interessato, della Casa Bianca.
Sconto Turchia pensando all’Ucraina
Il Financial Times sul dossier della Commissione sulla Turchia: «Il documento invita i Ministri degli Esteri a vedere dove l’UE potrebbe concentrare gli sforzi per consolidare o aumentare la sua influenza nelle relazioni con la Turchia. Anche alla luce della nuova rilevanza geopolitica di Ankara, dopo l’invasione russa dell’Ucraina». E inoltre, qualora non fosse ancora chiara la fusione tra realpolitik e interessi geopolitici, che nell’ottica della Commissione di Bruxelles, sono i veri motivi ispiratori della capriola diplomatica verso Erdogan, così conclude il documento elaborato come ‘cornice’ per il negoziato: «L’attuale situazione geopolitica potrebbe innescare un superamento delle divergenze e aprire nuove opportunità per una cooperazione mirata, sulla base delle convergenze degli interessi di politica estera dell’UE e della Turchia».
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
4 Agosto 2023