SIAMO TUTTI NAVALNY?

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Non c’è alcun dubbio che Navalny sia una vittima della dittatura russa.

In qualsiasi regime totalitario la libertà di parola esiste fino a quando essa, coagulando intorno a se forme di contestazione, non disturba chi comanda. In quei casi la parola può essere messa a tacere prima con l’intimidazione e poi con la forza invocando una non meglio precisata sicurezza della nazione.
Nel mondo democratico c’è una automatismo che trasforma le vittime dei regimi in eroi non importa quanto spregevoli fossero le parole da essi pronunciate, neppure quando invocano come soluzione la pulizia etnica con mezzi violenti come ha fatto Navalny in Russia per diffondere la propria opinione ipernazionalista.
Noi felici abitanti del mondo libero siamo pronti (quasi sempre) a stracciarci i vestiti da dosso quando la libertà di parola viene violata ma sembra non farci né caldo né freddo quando ad essere violato è ciò che precede la parola: l’Opinione.
Le opinioni stanno nelle nostre teste e ciò rende impossibile reprimerle con la forza, per un regime cosiddetto democratico l’unica via percorribile è quella di manipolarle monopolizzando l’informazione ed è ciò che sta avvenendo nel nostro paese. E’ così che il dissenso sta lentamente uscendo di scena che si tratti della guerra in Ucraina, delle coppie omogenitoriali, della liberalizzazione delle droghe leggere o di qualsiasi altra cosa possa disturbare gli scopi e le opinioni di chi comanda.
Nessun agente segreto russo verrà a metterci il Novichok nelle mutande ma anche il nostro avvelenamento è in atto ed è molto più sofisticato.