DA REDAZIONE
Fallito l’ultimo tentativo di mediazione, i paesi della ‘Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale’ (Cedeao) pianificano l’intervento. Un ultimo tentativo, forse, di mediazione da parte del presidente della Nigeria, Bola Tinubu – attuale presidente di turno dell’organizzazione, assieme alla riunione dei capi di stato maggiore dei paesi della Cedeao per pianificare l’intervento armato
Altra guerra d’Africa?
A una settimana dal golpe militare, il Niger a rischio guerra esterna africana (ma con forti spinte occidentali). Giovedì era tornata a Niamey una delegazione della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), ma senza risultati concreti. Nessun incontro con il presidente deposto dai militari, Mohamed Bazoum, né con il generale Tchiani, nuovo uomo forte del Niger. Ultimo tentativo di mediazione da parte del presidente della Nigeria, Bola Tinubu -presidente di turno dell’organizzazione africana- che ha, ospitato la riunione dei capi di stato maggiore dei paesi della Cedeao che è servita a pianificare l’intervento armato.
Dal Niger risposta dura
Il portavoce dei golpisti, (il Cnps, Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria), ha parlato alla televisione nazionale denunciando principalmente il mancato rispetto «degli accordi di cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa» con la Francia, con la sospensione anche dei media francesi France24 e Radio France International (Rfi). I golpisti hanno anche deciso di porre «fine alle funzioni degli ambasciatori di quattro paesi: Francia e Stati Uniti (Washington ha avviato ieri l’evacuazione del suo personale) più due paesi alleati del presidente Bazoum, il Togo e la Nigeria che ha imposto pesanti sanzioni contro il Niger», con gravissime ripercussioni già visibili in questi giorni, dai prezzi sui beni di prima necessità alla fornitura elettrica già razionata.
Nigeria capofila della minaccia militare
La giunta militare nigerina ha lanciato un monito alla Cedeao, che ha emesso un ultimatum entro il 6 agosto per il ritorno all’ordine costituzionale, in mancanza del quale potrebbe esserci un «intervento militare». «Qualsiasi aggressione contro lo Stato del Niger vedrà una risposta immediata e senza preavviso da parte delle Forze di difesa del Niger su uno dei suoi membri, ad eccezione dei ‘paesi amici sospesi’», hanno minacciato i militari. I ‘paesi amici sospesi’ sono il Burkina Faso e il Mali – guidati da giunte militari – e pronti a collaborare con Niamey a livello economico e soprattutto militare in un’ottica di «collaborazione e difesa dai gruppi jihadisti presenti nell’area, ma anche su possibili aggressioni esterne».
Il presidente deposto al Washington Post
Ieri si è fatto sentire anche Mohamed Bazoum, ufficialmente agli arresti con una lettera al Washington Post. Bazoum ha confutato le argomentazioni dei militari, indicando che la situazione della sicurezza non è peggiorata dalla sua elezione e ha difeso anche i buoni risultati ottenuti in ambito economico. Nella speranza in un suo ritorno, Bazoum si è appellato alla comunità internazionale e in particolare agli Stati Uniti affinché «ristabiliscano l’ordine costituzionale nel suo paese», descritto come l’ultimo baluardo del rispetto dei diritti umani nella regione, «altrimenti tutto il Sahel cadrà sotto l’influenza non solo della Russia e del gruppo Wagner, ma anche dei gruppi armati jihadisti».
Nuova guerra probabile
Diventa, quindi, sempre più concreta la possibilità di un intervento militare da parte dalla Cedeao, avverte Stefano Mauro sul Manifesto. Più che una probabilità, come indicato dal vertice straordinario ad Abuja, e che vedrà la partecipazione di soldati forniti da Senegal, Ghana, Benin e Nigeria. Al riguardo il ministro degli Esteri senegalese, Aïssata Tall Sall, ha detto che «il Senegal parteciperà a un possibile intervento militare in Niger se l’organizzazione deciderà tale azione, visto che questo è l’ennesimo colpo di stato di troppo nell’area».
E i 350 militari italiani in Niger?
Ospiti dallo scorso gennaio alla Base Aerienne 101 di Niamey, i circa 350 militari italiani di stanza in Niger. Le missioni sono due, una di ‘partenariato militare della Ue in Niger’ e una ‘bilaterale di supporto’ con compiti di ‘alta formazione’ e ‘operativi’ (operativi a fare cosa?), disponendo di un centinaio di mezzi terrestri e sei mezzi aerei. Sempre di armi e del modo di utilizzarle, ufficialmente contro i jihadisti e concretamente, oltre che per i golpe, per arginare i flussi migratori all’origine o quasi, vedi alla voce «traffici illegali».
“Da qui nasce nel 2018, quando è stata autorizzata la missione, l’esigenza di un esercito nigerino bene armato ad efficiente. Cinque anni dopo sono quasi diecimila le reclute che hanno completato il corso, istruiti e armate di tutto punto, a tener testa ad eventuali interferenza militari esterne. Anche italiane”.
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AVEVAMO DETTO
Articolo della redazione di
5 Agosto 2023