DI GIOACCHINO MUSUMECI
La Dx sociale è defunta il giorno in cui Giorgia Meloni ha occupato Chigi legittimata dal “largo mandato popolare” di cui oggi fa carta straccia.
Il tema del salario minimo evidenzia la politica da pollaio del governo Meloni e non di meno limiti passati delle opposizioni oggi comodamente strumentalizzati dalla premier.
Ho atteso qualche giorno prima di pubblicare sull’argomento ma oggi ci sono elementi sufficienti per sostenere che Meloni non ci capisce granché– nulla di eclatante- e i suoi economisti ombra, voce di Confindustria, fanno piangere quasi quanto lei. Si aggiunge che la nostra premier, sovranista fallita, segue pedissequamente le indicazioni della BCE a cui aveva dichiarato battaglia .“ La festa è finita”– diceva Meloni ma si riferiva ai milioni di cittadini poveri, lavoratori sfruttati compresi; davanti a Lagarde la nostra “colonella atlantica” diventa il piccolo Calimero che è sempre stata.
Primo fallo: Meloni sostiene che se il tema del salario minimo era tanto caro, le opposizioni avrebbero dovuto occuparsene quando stavano al governo e se non l’hanno fatto forse non era così importante.
Sfortunatamente la premier può strumentalizzare che le opposizioni non si siano preoccupate dell’argomento ai tempi del governo giallorosa. Tuttavia se quella è la ragione per non risolvere ora, più che di politica il governo è specialista in dispetti; prima ancora che agli avversari politici ai cittadini che dovrebbe tutelare secondo la Carta della Repubblica. Ma questo è un piano meramente ideologico.
Se è vero, ed è vero, che le opposizioni non si occuparono prima del salario minimo per cui combattono oggi, e Meloni sostiene che il Salario minimo potrebbe portare al ribasso gli stipendi, tesi assurda di cui parleremo dopo, oggi la premier dovrebbe spiegare perché nel gennaio 2019 Fratelli D’Italia presentava un disegno di legge sul salario minimo definito “provvedimento necessario per sostenere i lavoratori più marginali e riconoscere il lavoro come strumento di dignità, in coerenza con i fondamentali princìpi della Repubblica”.
Pensate, oggi la premier potrebbe perfino dire che realizza qualcosa per cui si sbracciava qualche anno fa quando nessuno la ascoltava. Sarebbe un bel colpo assestato agli avversari. Invece no, finiti i tempi della destra sociale cacciatrice di consensi. Oggi Meloni favoreggia il lavoro indegno contro i principi fondamentali della Repubblica ma racconta, mentendo palesemente, di tutelare stipendi e contratti collettivi. Come mai?
Essendo abituati alle giravolte della Meloni sarebbe un errore non chiedersi le ragioni per cui la premier fa di tutto per erigersi a vessillo di incoerenza. Un motivo è nelle indicazioni della BCE. Per voce della Lagarde abbiamo sentito che nello scenario attuale, secondo teoremi economici rozzi e perniciosi alla Draghi, la BCE non sosterrà l’aumento di salari a parità di utili delle imprese. In presenza di entrambi i fattori la BCE- minaccia Lagarde- non starà a guardare. Ragazzi c’è l’inflazione. Ovvero: cari governi non farete di testa vostra.
E qui si aprirebbe un capitolo su quanto sia autorevole l’Italia nel contesto europeo ma lasciamo perdere.
In altre parole dalla BCE arriva un monito beffardo perché nel sistema capitalista un impresa non taglia i profitti a vantaggio dei lavoratori e legiferare sul salario minimo, significherebbe proprio decurtare ricavi a imprese limitate nell’accumulo del profitto, FOLLIA! Le stesse imprese difese nel 2019 dai Sindacati allora contrari al salario minimo per le stesse ragioni di Meloni oggi. Le posizioni si sono ribaltate come avviene di norma in un paese barzelletta ove ingredienti principali a cui affidarsi sono indifferenza e ribaltoni ideologici.
Dunque avallare le idee dell’opposizione, cioè le stesse di Meloni 2019, comporterebbe non solo un salario minimo ma il rischio concreto che proporzionalmente aumentino tutti i salari a meno di non inserire norme che lo impediscano. Perciò si verificherebbe l’esatto contrario di quanto millanta la nostra premier, la quale per non sfavorire le imprese danneggia i lavoratori e riceve applausi da BCE e Confindustria.
Insomma paghiamo noi l’inflazione, proprio come le temperature estreme che, secondo alcuni, ci sono sempre state e non c’è da preoccuparsi, i cittadini in maggioranza sono sempre stati poco più che ingenui o distratti e non c’è da preoccuparsi.