DI PIERO ORTECA
Novanta dollari al barile. E fra un mese arriveremo a cento. Prezzi così, per il greggio, non si vedevano da quasi un anno e, manco a farlo apposta, si sono alzati quasi in sincronia con l’incipiente ‘stagflazione’ europea, la malattia economica del momento, di cui soffre il Vecchio continente. Cioè, un venefico miscuglio di inflazione e stagnazione produttiva.
Dove niente avviene per caso
In geopolitica e nei mercati niente avviene per caso e sotto la vernice degli aumenti di prezzo, si scoprono tante magagne, assieme a mille maneggi, grandi e piccoli. E i numeri sono pietre. Di fronte di un’attività economica planetaria non proprio da record, siamo riusciti lo stesso ad arrivare a un consumo medio di inquinanti combustibili fossili di ben 101,8 milioni di barili di petrolio al giorno. Alla faccia, naturalmente, di tutte le rivoluzioni verdi e degli astronomici capitali investiti nelle energie rinnovabili. Certo, ci si è messo anche lo sconvolgimento della politica internazionale a spinte di guerra. E non si poteva certo sperare che le sanzioni economiche, come quelle applicate alla Russia, non avrebbero avuto un effetto ‘boomerang’. Che prosegue nel tempo e che altera i rapporti commerciali anche con i cosiddetti Paesi ‘non allineati’ che più degli altri non hanno gradito.
BRICS e fronte “non occidentale”
Arabia Saudita e Russia pochi giorni fa hanno deciso di prorogare i loro tagli alla produzione fino alla fine dell’anno. Secondo Raad Alkadiri (Eurasia Group, Washington), l’efficace gestione dell’offerta da parte dell’Opec, guidata da Riad, a partire da giugno ha condizionato al rialzo i prezzi del greggio. Il Financial Times, citando fonti dell’Opec e dell’Agenzia internazionale sull’energia (AIE), ha scritto che al ritmo attuale «i tagli produrranno un deficit nei mercati petroliferi, quest’anno». Scoprendo che l’acqua troppa calda brucia e che «l’alleanza russo-saudita si sta rivelando una sfida formidabile per i mercati petroliferi del pianeta». Con i prezzi a salire.
Il Mare del Nord
Giovedì il greggio Brent, del Mare del Nord, utilizzato come punto di riferimento internazionale dei prezzi ha raggiunto i 93,70 dollari al barile; mentre il West Texas Intermediate si è fermato a 90,10. Entrambi sono stati i prezzi massimi per il 2023. Cosa ci aspetta nelle prossime settimane? Molti analisti sono pessimisti, nel senso che pensano che a ottobre il greggio pronto a sfondare il muro dei 100 dollari al barile. E non sarebbe certo una buona notizia, né per i costi alla produzione delle imprese e nemmeno per i consumatori, che vedrebbero aumentare di sicuro i prezzi al dettaglio, oltremodo caricati da un surplus per gli oneri di trasporto. Mentre Al Salazar, specialista di Enverus Intelligence Research: «Non abbiamo mai utilizzato così tanto petrolio e di fronte a tutto questo l’Opec sta anche tagliando la produzione. Inoltre, le scorte nei depositi di greggio sono relativamente basse». Le previsioni vedono una particolare vulnerabilità del mercato americano, cosa che suona sgradevole per le prospettive elettorali di Joe Biden.
Presto il Brent a 100 dollari
Amrita Sen, autorevole economista di Energy Aspects, rivela perché i mercati non credono più alle promesse della Casa Bianca: Biden si è già giocato in anticipo tutti i gioielli di famiglia. Cioè, per affrontare il primo shock petrolifero, quello successivo all’invasione dell’Ucraina, ha aperto i rubinetti delle riserve strategiche americane di petrolio. Così facendo, pare che si sia bruciato la bellezza di 300 milioni di barili di greggio. Gli esperti dicono che una fiammata dei prezzi dell’energia, potrebbe riaccendere l’inflazione americana e, a seguire, quella europea. Costringendo la Federal Reserve a tenere ancora i tassi alti e la BCE a fare, ‘di sponda’, quello che decidono a Washington. Se Biden ha la pistola scarica, allora potete star certi che Arabia e Russia gli terranno il fiato sul collo, prolungando i tagli fino a quando non lo metteranno in difficoltà sul fronte interno, quello dei consumatori americani.
Leggere per credere
“Secondo i dati pubblicati questa settimana dal Bureau of Labor Statistics, per colpa della benzina i prezzi al consumo americani, in un mese, sono cresciuti dal 3,2% al 3,7%. Non sappiamo, alla fine, chi vincerà in Ucraina, ma di questo passo, siamo sicuri, che Biden perderà la Casa Bianca. Sperando (remocontro si sbilancia) di evitare in qualche modo un ritorno dell’impresentabile Trump”.
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
17 Settembre 2023