DI PIERO ORTECA
Cacciati tutti e sei i viceministri della Difesa, compresa la portavoce Hanna Maliar, nota per le costanti dichiarazioni tv sugli avanzamenti nella controffensiva. Via anche il segretario di Stato del ministero della Difesa ucraino, Vashchenko. Il repulisti segue il licenziamento dell’ex-ministro della Difesa Oleksii Reznikov a causa di pesanti accuse di peculato.
Corruzione o incapacità professionale, e perché ora vigilia di vertici Onu e soprattutto Congresso Usa va battere ancora cassa?
La portavoce Hanna Maliar
Corruzione o “semplice” incapacità professionale?
Domanda chiave per ora senza risposta certa, anche se con forti sospetti. Certo è solo il licenziamento sui due piedi di una mezza dozzina di viceministri della Difesa di Kiev. Notizia arrivata proprio mentre Zelensky sbarcava in America, dove visiterà prima le Nazioni Unite e poi la Casa Bianca. E la notizia ha scosso tutto il castello della strategia occidentale (cioè americana), che è quello di continuare a gettare miliardi su miliardi di dollari nel mattatoio ucraino. Tutto questo senza una idea realistica su come chiudere il conflitto. Ad anticipare questo nuovo colpo di scena, una decina di giorni fa era saltato lo stesso Ministro, Oleksij Reznikov. Per un pasticcio di fatture gonfiate, dicono.
Il Telegram di licenziamento
Il New York Times ha pubblicato il link di accesso a Telegram, di cui il governo ucraino si è servito, alle 10,40 di ieri, per annunciare la scelta di esautorare i sei viceministri. La decisione è stata presa collegialmente e diffusa dal blog di Taras Melnychuk, il rappresentante di Zelensky al Parlamento di Kiev. Anche la stampa Usa, pur abituata, negli ultimi tempi, ai ripetuti siluramenti di alti ufficiali, politici e funzionari ucraini, fatica a capire i retroscena di una situazione che si fa sempre più confusa. Il NYT, che per primo ha dato la notizia, titola perplesso che «l’Ucraina non ha fornito alcuna motivazione per l’ultimo riassetto del Ministero della Difesa». Definendo ‘riassetto’ quello che, nel seguito dell’articolo, fa capire essere, invece, una vera e propria epurazione.
Crisi ai vertici ucraini e appuntamento americano
Grosso problemi negli equilibri di potere dentro il governo di Kiev, scrive apertamente il prestigioso quotidiano Usa. Uno dei personaggi bruscamente licenziati, fa notare il NYT, è una delle facce più conosciute dall’opinione pubblica occidentale, quella Hanna Maliar, responsabile della comunicazione, che aggiornava a suo modo tutti i corrispondenti di guerra sugli esiti della controffensiva. Secondo gli analisti, quest’ulteriore mossa di rottura deve essere osservata con attenzione, perché avviene, quasi a orologeria, in concomitanza col viaggio che Zelensky sta facendo negli Stati Uniti, dove dovrà parlare all’Assemblea dell’Onu, ma soprattutto dove incontrerà Biden e i leader del Congresso.
Ancora soldi per arrivare dove?
A loro il Presidente dell’Ucraina chiederà, prima di tutto, altri miliardi di dollari, in armi, munizioni e risorse, per continuare la lotta. E proprio questo può essere lo snodo, che spiega molti aspetti del repulisti in atto a Kiev. Un sondaggio CNN ha chiarito che la maggioranza degli americani non è favorevole a continuare l’erogazione di aiuti verso l’Ucraina, con il ritmo di prima. Più della metà del Partito Repubblicano e già schierata contro, mentre qualche scricchiolio si comincia ad avvertire anche fra i Democratici. Le accuse? Una valanga di soldi (137 miliardi di dollari) spesi finora senza grandi riscontri pratici. E poi, c’è il sospetto, che si allarga a macchia d’olio, che parte di questi soldi possa finire nelle tasche sbagliate. Corruzione, insomma.
Corruzione oltre il “si dice”
Finora è stato un fiorire di ‘si dice’, ma i servizi di Intelligence Usa certamente qualcosa in più sanno. Non molto tempo fa, per esempio, Zelensky ha dovuto sostituire tutti i capi degli uffici di reclutamento, perché pare si fosse instaurato un mercato di tangenti, per evitare di essere mandati al fronte. Ed ecco come il New York Times descrive l’atmosfera che ha portato al licenziamento dei viceministri: «Il leader ucraino ha cercato di dimostrare che il suo governo sta inasprendo la gestione del Ministero della Difesa, che sovrintende ai miliardi di dollari dell’assistenza militare donati per la guerra. Alcuni critici statunitensi del finanziamento hanno affermato che le segnalazioni di corruzione sono state un motivo per porre limiti più severi agli aiuti militari, e alcuni membri della Nato temono che gli stessi aiuti possano finire per essere deviati dagli scopi previsti».
Dubbi a crescere ma guerra continua
Comunque sia, e nonostante le evidenti spaccature esistenti anche tra i vertici del Pentagono (basti pensare alle caute posizioni espresse dal generale Milley), gli Stati Uniti, in questa fase, stanno ancora esprimendo il massimo degli sforzi politici, finanziari e militari per sostenere l’Ucraina. Zelensky vedrà Biden e gli rinnoverà l’urgenza di ricevere i 24 miliardi di dollari promessi. Oggi, intanto, a Ramstein, in Germania, si riunirà il Gruppo di contatto di tutti i Paesi che sostengono Kiev. Il Segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, chiederà a tutti di alzare l’asticella degli aiuti.
“Ormai, secondo una certa scuola di pensiero dell’Amministrazione Biden, bisogna rischiare il tutto per tutto. Per vincere la guerra in Ucraina. E per vincere le prossime elezioni alla Casa Bianca. Sperando che, a pagare, non sia tutto il resto del pianeta”.
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
19 Settembre 2023