STANCHEZZA DELL’OCCIDENTE MENTRE L’UE NON SA COSTRUIRE UNA TREGUA

DI ENNIO REMONDINO

 

Dalla redazione di REMOCONTRO

Zelensky fa i conti con l’Occidente stanco della guerra. L’ostruzionismo repubblicano negli Usa, i Paesi sovranisti europei che si sfilano. I ministri degli esteri Ue incapaci di soluzioni che invadono di parole l’Ucraina. Di fatto, ora Zelensky è più solo, «punito perché ‘arrogante’», titola qualcuno.

La guerra che ha cambiato il mondo

Finito il tempo americano dell’«aiuteremo l’Ucraina fino a quando sarà necessario», comincia a crescere anche nelle cancellerie fino a ieri belliciste la tentazione al disimpegno, al distinguo: «con Kyiv ma…», e nascono alleanze di fatto che al momento è ancora meglio occultare, far finta che non esistano. Il neo premier slovacco non toglie solo armi ma sostegno, e allarga la critica interna europea di Orban e ora, quella più minacciosa della Polonia. I polacchi che fino a ieri sembravano quasi disposti a entrare in guerra direttamente contro la Russia e che ora, per ritorsione sul grano e altre dolorose memorie storiche, di armi non ne danno più. E gli americani? Senza il portafoglio e gli arsenali di Washington l’Ucraina è condannata, con Biden ‘anatra zoppa’ con un anno di anticipo.

Ministri europei in trasferta d’immagine

Lunedì i ministri degli Esteri dell’Unione Europea si sono incontrati per la prima volta in una riunione ufficiale fuori dai confini dell’Unione stessa. Molta apparenza per poca sostanza. Riunione  simbolo e semi segreta, a creare aura di semi eroismo in zona di guerra. C’erano 23 ministri degli Esteri e 4 rappresentanti di altrettanti paesi. Non c’erano i ministri di Polonia e Ungheria, e non a caso. Il resto è stata liturgia in latino. Gli aiuti da dare ma che non arrivano, la pace da favorire, ma solo quella di Volodymyr Zelensky, che non prevede cessioni di territorio alla Russia. Le riforme necessarie ma impossibili per permettere l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Riunione che si svela pezza nel momento in cui il buco dell’appoggio europeo per l’Ucraina non si può più nascondere.

Zelensky molesto

«Zelensky, fino a ieri eroe del nostro tempo, comincia ad accorgersi di stare diventando molesto», scrive senza ipocrisie Quirico su La Stampa. «E gli ucraini sono costretti a constatare di essere nel mezzo di una lotta fra tre giganti che non si curano affatto di loro e li usano come proiettili per spararsi addosso, Russia America e Cina. Amara realtà finora nascosta sotto chilometri di retorica e di propaganda». Poi, a Paese semidistrutto e guerra impossibile da vincere, gli ucraini si scoprono pedine, usate senza rimorsi per questioni di supremazia planetaria. In questa lotta, Zelensky, amato fino a quando ha incarnato il ruolo della vittima, ha recentemente ‘cambiato copione’, insiste  Quirico. «Uno Zelensky cesareo, marciante, implacabile, affondatore, stritolatore di russi, uno Zeus castigamatti con i suoi sciami di fulmini-droni. Non chiede più pietà e soccorsi per il suo popolo strangolato, ma esige solo un tributo di soldi e di armi per completare un ‘veni vidi vici’ sarmatico. Impugnando il giuramento ricatto: con Putin mai nessuna trattativa e nessuna pace. Insomma, la guerra perpetua».

Controffensive vittoriose, avanzate travolgenti

Ma dopo un anno e mezzo di guerra feroce, il fronte è immobile, con avanzate millimetriche costate perdite ingiustificabili, e l’inverno è alle porte. Mentre l’Ucraina, oltre all’eroismo di molti, deve inevitabilmente fare i conti con decine di migliaia di renitenti alla leva rifugiati nei Paesi vicini, e di ‘loschi individui’ che nella amministrazione e nei vertici politici hanno trasformato la diserzione in un loro affare. Con l’Europa impantanata assieme a loro. L’Europa che non ha saputo costruire, in quasi due anni, neppure una piccola tregua, totalmente sulla scia della Nato americana. Ma torniamo con gli euro ministro a Kiev. «L’errore di Zelensky può costargli caro. Si rincorrono voci che gli americani intendano cambiare cavallo a Kyiv, puntare su un altro oligarca obbediente che non sia vincolato da promesse di vittoria totale che non può mantenere e che costa troppo alimentate per chissà quanto tempo». Voci, precisa La Stampa, solitamente bene informata, ma ‘voci’ a cui prestare attenzione.

New York Times agente del Cremlino

Non è forse un caso che da tempo i media statunitensi non risparmino critiche al governo ucraino al punto che a Kiev anche il New York Times è stato definito «agente del Cremlino» dopo aver reso noto che la strage di 16 persone uccise in un mercato affollato di Kostiantynivka, nella regione del Donetsk, è stata provocata da un missile antiaereo ucraino caduto sul centro abitato. Le autorità ucraine ritengono che le pubblicazioni occidentali stiano screditando sia la controffensiva sia il governo ucraino. Qualcosa sta evidentemente cambiando nella narrazione mediatica, almeno nel mondo anglo-sassone. Solo un anno fa Amnesty International venne pesantemente censurata per aver accusato le truppe ucraine di farsi scudo dei civili in Donbass, mentre oggi i media statunitensi più autorevoli (meno quelli europei o italiani) non lesinano analisi critiche nei confronti di Kiev.

Bruxelles del comando Nato

Il cambio di rotta nei confronti del regime di Kiev resta per ora sotto traccia in Europa Occidentale che finora ha brillato per la completa assenza di iniziative politiche o diplomatiche autonome per cercare di risolvere il conflitto. Se n’è accorto anche Romano Prodi (sottolinea Gaiani su Analisi Difesa).

«Nella guerra in Ucraina non c’è stata una mediazione europea, non c’è un momento di autonomia europea. L’idea che l’Europa non abbia una forza mediatrice, che si lascia quel poco di mediazione alla Turchia, è una umiliazione impressionante ha detto Prodi. Che sia anche lui ‘putiniano’?».

 

Articolo di Ennio Remondino, dalla redazione di

3 Ottobre 2023