DI ALFREDO FACCHINI
Lo Stato italiano non ha mai saputo essere neutrale. Mai.
L’impiego massiccio e violento di polizia e carabinieri per dirimere le lotte operaie, bracciantili, studentesche è stata una costante di tutti i governi, ad eccezione del periodo immediatamente successivo alla “Liberazione”.
I conflitti sono sempre stati affrontati attraverso l’uso sfacciatamente brutale del ministero degli Interni.
Dopo le elezioni del ‘48 lo stesso ministro degli Interni Scelba, dichiara a chiare lettere di auspicare anche un “18 aprile sindacale”. E non è una sola dichiarazione d’intenti.
In quegli anni di fortissime tensioni sociali i governi democristiani educarono i corpi dello Stato, la polizia e i carabinieri, innanzitutto, all’idea che i nemici fossero i lavoratori, il movimento sindacale operaio e contadino, le forze di sinistra, e che contro di essi fosse necessario agire per la difesa dell’ordine e della democrazia.
Il primo passo fu quello di far piazza pulita: vennero allontanati gli ex partigiani arruolati nella Ps e nei Carabinieri. Allo stesso tempo vengono addirittura richiamati in servizio molti ufficiali con precedenti fascisti. All’inizio del 1947, gli effettivi della Pubblica sicurezza erano trentamila.
Scelba “il capo della Celere”: <<Il guaio era che di questi agenti almeno ottomila erano comunisti, tutti ex partigiani delle Garibaldi, pronti ad agire contro lo Stato dall’interno delle forze dell’ordine>>.
Scelba varò un provvedimento che garantiva una buona liquidazione a chi accettava di dimettersi dalla polizia. Al tempo stesso, chi non voleva andarsene venne trasferito in sedi periferiche molto lontane dalla residenza abituale. Spesso in località disagevoli, nelle zone interne di Sardegna, Sicilia e Calabria. A quel punto fu lo stesso Pci a consigliare ai poliziotti che controllava di lasciare il servizio e intascare la buonuscita.
Da allora repressioni e eccidi non si contano più.
I contadini arrivano sui campi e iniziano a zappare e seminare. Polizia e carabinieri li raggiungono, calpestano la terra appena lavorata e sparano, arrestano o picchiano.
A San Ferdinando, Torremaggiore, Montescaglioso, Bondeno e in decine di altre località, si spara e si muore.
Il movimento per la terra, dal ‘43 al ‘50, è il primo grande movimento di massa dell’Italia repubblicana, un movimento che chiede pane e lavoro.
Il tributo di sangue dei contadini, nella lotta per la terra, è senza precedenti: 84 uccisi, centinaia di feriti e ventimila arrestati.
Le guardie, io le chiamo così, alla fine della fiera sono sempre state dalla parte sbagliata.
E Pasolini su di loro aveva tremendamente torto.
Ma questa è un’altra storia.