DI PATRIZIA CADAU
Franco Panariello, 55 anni, professava sui suoi canali social coraggio, sincerità e “valori da insegnare subito ai nostri figli”.
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Diceva di se stesso che il suo peggior difetto era essere una brava persona.
Da vent’anni Panariello tormentava la moglie e i figli, era quello che possiamo definire un orco domestico, uno di quei tanti figli “dellammerda” che rendono la vita impossibile a donne e bambini, bambini che diventano grandi in situazioni surreali e nell’abbandono totale della società civile e istituzionale.
Panariello era stato denunciato dalla ex moglie, Titti Marruocco, per questi venti anni di abusi ed era in corso un processo, e lui girava col braccialetto elettronico che non gli ha impedito di entrare in casa di lei, ammazzarla nel sonno con decine di coltellate, il tutto davanti alla figlia minorenne alla quale avrebbe anche imposto di chiamare i carabinieri.
La storia è agghiacciante per diversi motivi.
Quest’uomo era di fatto libero di agire nonostante le misure cautelari.
Era sotto processo.
Titti aveva denunciato più volte e il procedimento era in corso: perciò lei e i suoi figli avrebbero dovuto essere protetti.
Ma l’elemento che mi riempie d’amarezza è che sotto i post di Panariello ci sono dei commenti, donne e uomini che lo difendono e che gli lasciano faccine e cuoricini.
Ecco questa gente è il male assoluto: “è la fogna in cui trova origine l’impunità della violenza”, gente che chissà di quale disturbo soffre per prendere le parti di uno che ha appena accoltellato una donna nel sonno davanti alla figlia minore.
(Che poi, le storie di violenza sono tutte uguali, e questi miserabili sono della stessa forza di quelli che applaudivano al mostro additando me e i miei figli come bugiardi e che ancora applaudono).
Credo sia arrivato il momento di considerare queste morti come morti dello stato, finché lo stato continuerà a trattare con tanta approssimazione i violenti e a ridicolizzare le donne che li denunciano.