DI MARIO PIAZZA
Nella sua immaginifica e spesso eccessiva astrazione la lingua inglese definisce “sotto-cane” chi non gode dei favori del pronostico.
Il più debole che riesce a sovvertire il proprio destino è una figura che ispira una naturale simpatia, sono stati versati fiumi d’inchiostro e girati chilometri di pellicola per celebrare le gesta dell’interprete del “sogno americano”, lo sfigato che ce l’ha fatta.
Proprio per non guastare la nostra proiezione nel sogno ci viene naturale pensare che il successo del “Sottocane” sia frutto del talento, della tenacia e del sacrificio ma raramente è così. Nella maggior parte dei casi la vita dello sfigato che si arrampica fino ai vertici è un susseguirsi di menzogne, di vigliaccate, di tradimenti e di arruffianamenti. Per il “Sottocane” in caccia nulla è troppo sporco, troppo violento, troppo disonesto, troppo contraddittorio o troppo immorale per essere disdegnato.
Chiamare qualcuno “underdog” implica il riconoscimento delle qualità della prima tipologia, appiopparsi autonomamente quella etichetta è segno certo dell’appartenenza alla seconda.
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(Disclaimer: Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.)