FUGA DALL’INFERNO: RAFAH APRE A POCHI STRANIERI. OSTAGGI, FURIA CONTRO NETANYAHU

DA REDAZIONE

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Hanno attraversato il valico verso l’Egitto stranieri e palestinesi con doppia cittadinanza. Oltre 50 i morti a Jabalia e 15 soldati israeliani sono stati uccisi in un giorno. Intanto arrivano i militari americani, specialisti di ostaggi, dicono. Israele: scambio di prigionieri o conquista, aiuti o assedio, tregua o guerra? Sotto Gaza in macerie ci sono 240 ostaggi, ma per riaverli ogni piazza di Tel Aviv è divisa da politica, etnia, classe sociale. Un solo accordo, sottolinea il Manifesto: via Netanyahu.

Rafah apre a 90 feriti e 450 stranieri. Ci sono 4 italiani

Alla terza settimana di guerra, il valico egiziano di Rafah ha aperto, anche se solo per pochi, alla fuga dall’inferno. Quasi 90 palestinesi feriti e quasi 450 persone con doppia cittadinanza e stranieri (nella lista del gruppo risultano anche 4 nostri connazionali, volontari per alcune Ong) hanno lasciato Gaza questa mattina per l’Egitto attraverso il valico di Rafah.

Ostaggi, arrivano i commandos Usa

Decine di commando statunitensi in Israele «per aiutare nelle operazioni di liberazione dei 240 ostaggi catturati da Hamas e trattenuti a Gaza». Lo ha riferito la televisione pubblica Kan citando fonti nel Pentagono. L’emittente ha aggiunto che Fbi, Dipartimento di Stato ed esperti Usa in trattative su ostaggi, sono già in contatto con la controparte israeliana ‘per offrire consigli’. Si tratterebbe del primo ingaggio diretto americano, anche se con ruoli solo di supporto e non di contatto diretto con i miliziani di Hamas. Dicono.

Scontri armati e non solo conquista

È salito intanto a 15 il numero dei soldati israeliani rimasti uccisi nelle ultime 24 ore in combattimenti ravvicinati con Hamas nel nord della striscia di Gaza. Lo ha riferito il portavoce militare. Il bilancio dei raid sul campo profughi di Jabalia è di una cinquantina di vittime, dieci anche in un altro centro di raccolta degli sfollati. Tra le persone morte nell’attacco aereo israeliano a Jabalia, secondo fonti di Hamas, ci sarebbero anche sette del 240 ostaggi ancora nelle mani dei terroristi e tre sarebbero stranieri.

Israele, crisi politica e morale

«Le guerre ordinarie non sono mai state lieti eventi. Ma quella attuale è tragica. Non solo per i suoi effetti, ma anche per la crisi politica, economica e morale che Israele sta attraversando», scrive Zvi Schuldiner sul Manifesto. La guerra visibile infuria soprattutto a Gaza e dintorni ma il suo impatto colpisce anche i territori occupati e l’intera regione. L’estrema destra israeliana da un lato intensifica la sua azione colonizzatrice in Cisgiordania, dall’altro utilizza il controllo del ministero delle finanze armando i coloni. Ma sulla pulizia etnica in corso in alcune zone della Cisgiordania, ci racconterà Piero Orteca.

Aiuti Usa per cacciare i palestinesi da Gaza?

Un gruppo statunitense per i diritti umani, Democracy for the Arab World Now, ha lanciato l’allarme sulla richiesta di Biden al Congresso di stanziare 14 miliardi di dollari di finanziamenti per Israele, «richiesta formulata con un linguaggio che suggerisce che gli Stati uniti potrebbero stare per finanziare lo sfollamento dei palestinesi da Gaza». Nella lettera si spiega che i fondi servirebbero per affrontare «i potenziali bisogni degli abitanti di Gaza in fuga nei paesi vicini», e che la guerra tra Israele e Hamas «potrebbe comportare sfollamenti oltre confine e maggiori bisogni umanitari regionali, e i finanziamenti potrebbero essere utilizzati per soddisfare le esigenze di programmazione in evoluzione al di fuori di Gaza».

Pulizia etnica di Stato?

La casa bianca non ha risposto alla richiesta di spiegazioni di Al Jazeera, e il sospetto è diventato accusa: «L’amministrazione Biden non sta solo dando il via libera alla pulizia etnica, ma la sta finanziando». L’idea di avere gli Usa che stanziano dei finanziamenti che prefigurano campi profughi pieni di gente in fuga da altri campi profughi non piace alla sinistra dem, né di base né al Congresso dove le posizioni si allontanano ogni giorno che passa. Assieme alla rielezione di Biden.

Rotture anche all’Onu su genocidio e complici

Casa bianca schierata e problemi di anche all’Onu. Il direttore dell’ufficio di New York dell’Alto Commissario delle Nazioni unite per i diritti umani si è dimesso dal suo incarico, affermando che «l’Onu sta fallendo nel suo dovere di prevenire quello che lui definisce un ‘genocidio’ dei civili palestinesi a Gaza, mente gli Stati uniti, il Regno unito e gran parte dell’Europa –aggiunge-, sono totalmente complici. Ancora una volta vediamo un genocidio svolgersi davanti ai nostri occhi e l’organizzazione che serviamo sembra impotente davanti a esso».

L’America latina contro Israele

«Non è autodifesa, è un massacro»: con questa convinzione, una parte consistente dell’America latina prende apertamente -dopo i distinguo sulla guerra in Ucraina-, la propria distanza da Stati uniti ed Europa. La posizione più drastica dal governo boliviano di Luis Arce, che martedì ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con Israele, «come segno di rifiuto e condanna dell’aggressiva e sproporzionata offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza». Sempre martedì, nel giro di poche ore, anche Cile e Colombia si sono pronunciati sul conflitto, richiamando i loro ambasciatori a Tel Aviv.

“Critiche politiche anche dai governi di Cuba e Venezuela, e dal Brasile all’Onu, la cui risoluzione per una tregua umanitaria, che pure condannava gli «atroci attacchi terroristi di Hamas», era stata bloccata dal veto Usa”.

 

Articolo della redazione di

2 Novembre 2023