DI CLAUDIO KHALED SER
È difficile pensare al dopo.
Ci vorranno mesi per realizzare il criminale progetto sionista di eliminare Hamas, i suoi leader e militanti, sapendo bene che allungare il tempo, significa altri morti e forse una guerra che si estenderà all’intera regione.
E forse oltre.
Hezbollah si prepara.
Nonostante il tono “quieto” del suo leader, la macchina della guerra é in movimento.
Un attacco, perché abbia successo, dev’essere programmato con cura e soprattutto di poter contare sull’appoggio militare di altri Paesi.
In questo senso, l’Iran ha messo a disposizione non solo di Hamas, ma anche degli Hezbollah e degli Houti yemeniti, tutto quanto serve, ma non ha per il momento nessuna intenzione di entrare direttamente in guerra contro Israele.
Per farlo ha bisogno di due cose :
L’appoggio degli altri Paesi arabi, come i Sauditi e i Qatarioti e una reazione “moderata” degli americani.
Entrambe le cose difficili, la seconda, in particolare, quasi impossibile.
Ma Teheran non risparmia sugli aiuti e per questo, gli Hezbollah si sentono forti e pronti alla guerra.
C’é poi uno strano alleato : Israele.
Lo storico israeliano, Benny Morris, collaboratore di Netanyahu, afferma che il momento è giusto per colpire l’Iran e distruggere Hezbollah, anche se per eliminare il vasto arsenale dell’organizzazione con i suoi 150 mila missili puntati su Israele, va appiattito il Libano.
Sembra essere d’accordo sull’idea anche il ministro della difesa israeliano Gallant che dopo il 7 ottobre aveva proposto di scatenare la furia militare israeliana sugli ayatollah di Teheran e sugli alleati degli sciiti iraniani.
Se Israele, imprudentemente, facesse la prima mossa, per l’Iran sarebbe tutto più facile.
L’idea degli ayatollah non é quella di perdere molto tempo con una guerra dagli esiti incerti, ma di puntare dritto all’obiettivo primario : distruggere Israele.
La sua potenza militare, agevolata dalla sorpresa, potrebbe risultare decisiva.
Se Israele venisse attaccata a nord dagli Hezbollah e al centro/sud dall’Iran, non resisterebbe tre giorni.
Neanche con l’aiuto americano potrebbe farlo.
Senza contare l’ingresso in guerra di Syria e Giordania che non vedono l’ora di riprendersi quanto rubato dagli ebrei.
Tutto questo, potrebbe succedere e ne è consapevole il presidente americano, che con la scusa di difendere Israele ha inviato una flotta massiccia nel Mediterraneo e nel Golfo arabo- persico.
Joe Biden ha anche un’altra paura e ne ha parlato più volte con Netanyahu.
Riguarda la Cisgiordania, la fetta più estesa del territorio occupato da Israele, e i coloni ebrei oltranzisti che, giorno dopo giorno, minacciano i suoi abitanti sottomessi.
“Scappate, andate in Giordania, questa è la nostra terra” urlano gli ebrei mentre bruciano orti e ulivi degli arabi.
La lista delle vittime palestinesi – morti e feriti, grandi e piccoli – aumenta giorno dopo giorno.
“Sarà per voi una nuova Nakba” (l’olocausto dei palestinesi) minacciano i coloni, ma non sanno che una guerra “vera” li spazzerebbe via in un attimo.
Una cosa é certa, l’isolamento di Israele nel mondo.
A parte le dichiarazioni dei governanti, i Popoli hanno già condannato gli ebrei.
E’ una strada senza ritorno, non saranno più perdonati per le stragi, per l’infamia della loro guerra d’occupazione.
Non vivranno mai più tranquilli, nemmeno a casa loro.
E di questo, Israele (ammesso che esisterà ancora) dovrà tenerne conto in futuro, anche se accettasse la bizzarra teoria di “due popoli, due stati” alla quale non crede più nessuno.
Tranne il Papa.