QUALCHE RIFLESSIONE SULLA VIOLENZA E SUL POTERE

DI GIANFRANCO ISETTA

Da quando siamo diventati “Sapiens”, attraverso l’uso del linguaggio, ci siamo trovati di fronte al problema dell’angoscia dovuta alla paura del dolore e della morte.
I primi, io dico disperati, tentativi di risposta sono venuti dal magico e poi dal “Mito” nelle civiltà greca e romana, poi sono arrivate la filosofia e le religioni, nel tentativo di rispondere con la trascendenza e fino ad oggi assieme all’altro grande tentativo di risposta, quello del “Potere”, del “possesso” sulle cose e sulle persone. Anche le società patriarcali o matriarcali si basano sull’idea del predominio di un genere verso l’altro che si esprime in varie modalità.
Questo è il denominatore comune di molti fenomeni contemporanei:
la ricerca del potere economico, finanziario e politico, le stesse guerre comprese le ultime sono figlie di questa tendenza alla violenza non solo fisica prevaricatrice.
Anche l’atteggiamento di potere verso la Natura, che pensiamo essere a nostra disposizione, ci impedisce di comprendere che siamo parte di essa e con un destino comune. Basterebbe riferirsi al pensiero di Lucrezio con il suo “De rerum natura”.
E poi la ricerca spasmodica del successo e della visibilità con la conseguente frustrazione col non suo raggiungimento ne è uno dei corollari.
Ma anche altri fenomeni sono figli di questa condizione umana per esempio la competizione esasperata nei confronti degli altri e il desiderio di potere sulle cose appunto e le persone.
Dal fenomeno delle società multinazionali, alle forme di esercizio del potere politico, fino al bullismo crescente e violento che ne sono espressione in modi diversi ma con comune denominatore, così come la distorsione dei rapporti affettivi e/o familiari che, nelle sue estreme conseguenze può sfociare nella violenza sui più deboli e in quella di genere verso le donne, fino all’estremo dell’uccisione. Perché al desiderio di possesso si accompagna la “Paura della perdita”.
Anche fenomeni come la versione alle migrazioni si spiegano così, come paura della perdita della sicurezza o come minaccia a un ordine costituito fondato appunto su rapporti di potere.
Questa è la follia dell’Occidente e non solo.
Occorre, addirittura sul piano filosofico una nuova risposta al tema del dolore e della morte. Forse la curiosità, la ricerca della conoscenza, la visionarietà e la bellezza, anche la poesia e l’arte.
Forse l’armonia con noi stessi e la natura di cui siamo temporaneamente parte e la presa d’atto della nostra condizione di agglomerati di particelle transeunte destinata a passare in quanto condizione del divenire.
Occorre in sostanza, anche alla luce delle implicazioni delle nuove scoperte scientifiche, giungere a elaborare un nuovo pensiero, una nuova risposta a questo tema comune e globale dell’angoscia per la paura del dolore e della morte.
Sapendo che siamo essenzialmente relazioni e probabilità.