DI ANTONELLO TOMANELLI
Questa è la faccia di Zelensky dopo l’incontro con lo speaker repubblicano Mike Johnson, che pare quella di Riccardo Cucciolla nel film «Sacco e Vanzetti» alla lettura della sentenza di morte pronunciata dal giudice Thayer. Persino alcuni democratici gli hanno voltato le spalle. E la campagna elettorale per le presidenziali del 2024 è già in pieno svolgimento.
I democratici sanno benissimo che accettare le condizioni poste dai repubblicani per sbloccare i 62 miliardi di aiuti previsti per Kiev, in primis il rafforzamento della frontiera con il Messico ed espulsioni di massa e per direttissima degli immigrati irregolari, significherebbe perdere 30-40 milioni di voti, in un paese dove il vincitore può spuntarla per un milione o poco più.
Ormai Zelensky pare circondato da soggetti che tutto farebbero fuorché coccolarlo come ormai secoli fa, sia all’esterno che all’interno. A Gaza e dintorni gli Usa hanno ben altra gatta da pelare e considerano Zelensky un ingestibile maleducato, che si ostina a non voler riconoscere la superiorità militare russa. Tanto da annullare arbitrariamente, ossia senza il permesso di Washington, le previste elezioni di maggio, per le quali i sondaggi darebbero in netto vantaggio il generale Valery Zaluzhny, accreditandogli il doppio dei voti che tiene in serbatoio Zelensky. Un pragmatico che non ha mai escluso trattative con Mosca e che secondo il premio Pulitzer americano Seymour Hersh starebbe già trattando con gli omologhi russi su mandato degli americani.
Peggio ancora sul fronte interno. La situazione bellica è disastrosa. Sarebbero più di un milione e mezzo i soldati ucraini uccisi o feriti in modo tale da non poter più combattere. Nelle prime linee incominciano ad affacciarsi i 70enni, mentre i soldati sono ormai allo sbando. Secondo voci accreditate, ma ovviamente smentite ufficialmente, un intero reparto si sarebbe rifiutato di avanzare per mancanza di alcolici.
Ormai amici storici gli hanno voltato le spalle. Come l’ex pugile Vitalij Klycko, attuale sindaco di Kiev, che deve a Zelensky la sua carriera politica e che gli ha lanciato un pubblico anatema: «pagherà per i suoi grossolani errori».
Per non parlare delle disperate mamme ucraine, con i mariti morti o al fronte, i cui figli vengono prelevati con violenza dagli autobus e dai casermoni dei quartieri popolari dalle pattuglie dei famigerati CTI, i Centri Territoriali di Arruolamento, che però si guardano bene, nel rispetto di succulenti accordi, dall’avvicinarsi ai ristoranti e ai disco pub di Arcadia, sul lungomare di Odessa, dove i rampolli dell’oligarchia ucraina gozzovigliano fino all’alba con i portafogli gonfi di Euro.
Tutto quello che Biden è riuscito, forse, a garantirgli sono 175 milioni di dollari da rastrellare dai fondi della Difesa, sotto lo sguardo non proprio compiacente dei generali del Pentagono. Che considerando le forze ormai messe in campo dalla Russia, è un po’ come garantire ad un atleta un fondo di 90 Euro per prepararsi alle prossime Olimpiadi.
Insomma, la fine di Zelensky pare vicina, se poi si considera che a giorni il Congresso chiuderà per la lunga pausa natalizia. Il destino di chi ha voluto vendere l’anima al diavolo.