DI FERDINANDO TRIPODI
“Povera patria
Schiacciata dagli abusi del potere
Di gente infame, che non sa cos’è il pudore”.
(Franco Battiato, Povera Patria)
In un celebre corsivo, Fortebraccio (pseudonimo di Mario Melloni, memorabile corsivista dell’Unità), si divertì a comporre un vezzoso florilegio di sinonimi del termine “voltagabbana” (banderuola, camaleonte, ciriola, funambolo, girandola, girella, ventarola, versipelle, voltacasacca) contro un parlamentare, troppo irrilevante per ricordarne il nome, che aveva lasciato il Pci per passare al Psi.
Quel malcapitato fu trattato come il peggiore degli apostati perché, secondo Fortebraccio, risultavano fin troppo chiare le ragioni della sua piroetta (“Tengo famiglia”, avrebbe detto un altro grande battutista del passato, Leo Longanesi).
Tempi andati, si dirà.
Oggi i saltimbanco non si contano e risulta complicato replicare alle “nobili” ragioni di quei politici che si vedono “costretti” a lasciare il partito che li ha gratificati di incarichi e di onori, spesso carpiti per devoto servilismo.
La verità è che anche questo malcostume ha contribuito, non poco, ad allontanare i cittadini dalla politica da molti ritenuta una lauta sentina di privilegi e di prebende.
Se fossimo un paese serio, un politico che dissente dal proprio partito dovrebbe avere il buon gusto di dimettersi, anche a costo di tornare dignitosamente alla propria vita privata.
Già, se fossimo un paese serio.
Ma noi non lo siamo mai stati e, per questo, ancora oggi nessuno osa indignarsi per l’improntitudine di tutti quei voltagabbana che rappresentano il triste paradigma di una cultura trasformista che continua ad alimentare il pregiudizio di tanti italiani secondo cui i politici si servono del cittadino fingendo di servirlo.
Come diceva Nietzsche, “Che differenza c’è tra una persona convinta e una persona ingannata? Nessuna, se è stata bene ingannata”.