DI ANTONELLO TOMANELLI
Solo un odio incondizionato può spingere a considerare Selvaggia Lucarelli responsabile della morte di Giovanna Pedretti. Che intendiamoci, non è una pizzaiola qualsiasi, come alcuni erroneamente insistono, ma una imprenditrice che ha voluto strumentalizzare, per farsi pubblicità, le sacche omofobe e abiliste che persistono nella nostra società. Così facendo e con l’aiuto dei media, da semplice pizzaiola è diventata un personaggio pubblico. E si sa, i personaggi pubblici spesso finiscono nel tritacarne mediatico.
A ben riflettere, se la faccenda non si fosse conclusa nel peggiore dei modi immaginabili, oggi in molti tesserebbero le lodi della Lucarelli, per aver scovato quello che va senz’altro considerato un odioso atto di falso perbenismo, oltre che di concorrenza sleale, e che si avvicina pericolosamente alla frode in commercio. Fatto di per sé certamente più grave del tassista che accetta solo contanti.
Nel giro di tre giorni, da eroina e pubblica fustigatrice di trogloditi, Giovanna Pedretti si è ritrovata come quella che rappresenta il proprio locale, falsamente e per tornaconto personale (non importa se economico o soltanto morale), come specchio di una società malata, omofoba e spietata verso i più sfigati, per ergersi a loro paladina castigandone i malfattori.
Ora la Lucarelli viene minacciata di morte e considerata milioni di volte peggiore del falso recensore. Ma sorge spontanea una domanda. Al netto della tragedia, chi avrebbe mai resistito alla tentazione di dipingere Giovanna Pedretti come una pagliaccia? Se bandiamo le ipocrisie, credo nessuno.
Né suppongo che Giovanna Pedretti abbia mai immaginato la sequela di eventi che l’avrebbe portata al suicidio. E nemmeno il paradosso che squadre di giornalisti dell’intero mainstream sarebbero stati colti in fallo e sputtanati da una opinionista che non è nemmeno giornalista.
Il tutto sul presupposto della falsità di quella recensione negativa, almeno a prestare ascolto a quegli esperti che la falsità l’hanno scorta a prima vista. E anche considerando il comportamento della stessa Pedretti, che assediata dai giornalisti una volta subodorata la bufala, ha cancellato la recensione insieme alla sua risposta.
Perché non c’è alcun dubbio. Se quelle recensioni fossero vere, allora la Lucarelli andrebbe arrestata. Morte come conseguenza di altro delitto, lo chiama l’art. 586 del codice penale. E qui il delitto è la diffamazione.
In ogni caso, io una lettera non dico di scuse, ma di cordoglio, alla famiglia l’avrei inviata.