DI ANTONELLO TOMANELLI
Quando l’ormai 70enne John Travolta scende le scale dell’Ariston, ha la classica faccia di chi non ha la minima idea di cosa sta per capitargli.
Sulle note di Saturday Night Fever, Grease e Pulp Fiction, prova a insegnare qualche passetto ad Amadeus, che sollecita platealmente moglie e figlio, accomodati in prima fila, a immortalarlo assieme a quel mito vivente.
Poi, condotto all’esterno, incomincia ad esibirsi con un Fiorello che appare molto più scemo del solito. E qui si capisce subito che l’attore americano non vede l’ora di andarsene.
E ci mancherebbe altro. Dieci squinzie danzanti travestite da paperelle lo hanno appena accerchiato. Per intonarlo ai loro colori, Fiorello gli consegna un berretto rosso a dir poco grottesco, che John, visibilmente imbarazzato, si guarda bene dal calzare, gettandolo addirittura per terra. Mentre ad Amadeus, che invece quel berretto lo indossa con entusiasmo, viene affidato un compito finalmente adeguato al suo spessore: quello di reggere i microfoni.
Fiorello esorta Travolta ad eseguire il ballo del qua qua. L’attore lo scruta cercando di capire dove vuole andare a parare. Non lo abbiamo capito noi, figuriamoci lui.
«La tua carriera finisce qui», vaticina Fiorello dopo la mortificante esibizione. Travolta appare frastornato. Sembra non credere a ciò che il traduttore gli sta sussurrando nell’auricolare.
Alla fine, se ne va con la stessa faccia con cui era arrivato.
Si vocifera di un cachet di oltre mezzo milione di Euro, per una manciata di minuti. Credibile, per uno che ha un patrimonio stimato in 250 milioni di dollari. Ma che tristezza quella esibizione.