DI MARIO PIAZZA
Se avete un minimo dubbio che io possa difendere Putin nell’affare Navalny potete anche smettere di leggere, ma io credo che il regime russo non avesse alcuna ragione per consumare l’ennesimo omicidio politico nella storia dei governi del mondo, democratici o totalitari che siano. Cosa sia successo davvero non lo so e per dirla tutta non me ne importa neanche tanto.
Detto questo, prendo spunto dal collegamento di ieri sul La7 tra David Parenzo e la giornalista russa Nadana Fridrikhson che, nonostante l’insopportabile mediocrità del nostro David abbia trasformato la conversazione in un confronto che persino al bar dello sport avrebbe sfigurato, ci ha detto due cose importanti.
La prima è che all’interno del pianeta Russia le nostre fiaccolate, gli insulti di Biden e tutta la panoplia autoreferenziale che il “mondo libero” mette in scena in questi casi non fanno nè caldo nè freddo. Al contrario aiutano un regime che più è discutibile e più è grato della scompostezza ideologica di un nemico esterno che ne propizia il ricompattamento attorno alla propria autocrazia.
La seconda è che noi abitanti del “mondo libero” non faremo mai un soldo di danno a quelli che chiamiamo enfaticamente regimi sanguinari fino a quando continueremo a giudicarli secondo i nostri parametri senza fare il minimo sforzo per capire quali siano le cose che veramente stanno a cuore a chi in un regime nasce e vive. I cittadini russi, o cinesi, o vietnamiti, la cosiddetta libertà per come la intendiamo noi non l’hanno mai conosciuta, non sono abitanti di Roma, Londra o New York che improvvisamente non possono più sfanculare chi comanda perchè sono stati paracadutati nella Piazza Rossa. Per chi vive in un regime totalitario la repressione dei dissidenti è parte integrante del sistema, normale come sono normali l’istruzione, l’assistenza medica e la nettezza urbana. Le libertà a cui loro aspirano e di cui spesso godono sono di altra natura, soprattutto quella di arrangiarsi per garantire un benessere crescente a se stessi e alla propria famiglia.
Chissà, se stracciassimo la tessera del club di quelli che hanno sempre ragione a cui siamo stati iscritti fin dalla nascita forse cominceremmo davvero a capirci qualcosa e a fare qualche passo verso la Pace.