CHE MERAVIGLIA LA VITA!

DI CLAUDIA SABA

 

Da sempre, l’uomo che dorme, mi ricorda Ulisse, il richiamo della maga Circe con le sue metamorfosi: dea, maga e femme fatale.
E mi ricorda i tempi del Liceo, della scuola, dei giorni più felici dell’adolescenza.
Quella mattina, con quattro amici, ci eravamo incontrati proprio all’ingresso.
La scuola, i professori, le ore interminabili di lezione ci aspettavano al varco e così:
“Andiamo al mare? Oggi niente scuola”, disse Sandro.
In un attimo, eravamo già dentro l’auto.
Una piccola utilitaria, con spazi ridotti, e scomodissima.
Ma nulla avrebbe potuto fermarci in quel momento.
Non avevo mai marinato la scuola.
Fino a quel giorno, a ridosso di giugno, quando qualcosa mi aveva spinto a dire sì.
Forse la voglia di sentirmi più grande, libera, adulta.
Ribelle.
Consapevole che se i miei lo avessero scoperto, non l’avrei certo passata liscia.
Davanti al mare ogni paura era svanita.
L’aria calda, il tepore della
sabbia sotto i piedi, il panorama mozzafiato, avevano spazzato via ogni ansia.
Adesso volevo solo correre verso l’acqua limpida e trasparente, insieme a quel ragazzo che mi faceva il filo da tempo.
Ci scambiammo qualche timido bacio.
Era il primo amore di un mondo per me completamente nuovo.
Un mondo adulto, di conquiste, di stordimenti emotivi.
Quando uscii dall’acqua mi sdraiai con lui sul bagnasciuga.
Restammo così per ore.
A guardare l’orizzonte con il sole infilato negli occhi.
L’altra coppia, poco distante da noi, si scambiava abbracci.
L’ultimo, il più solitario di tutti, era seduto sulla sabbia a leggere un testo di Psicologia.
Lo avevano spesso preso in giro per quella sua grande passione verso Freud, verso le teorie dell’inconscio, e tutto quanto riportasse al ‘dentro di noi’.
Ma io, per lui, avevo sempre provato grande ammirazione.
Non è scontato che un ragazzo prediliga lo studio al passatempo in quell’età spensierata, fatta
di primi amori e libertà.
E noi, in quel momento, eravamo nel posto più libero del mondo: il mare.
La mattina passò in un lampo.
Ci scuotemmo fino all’ultimo granello di sabbia e poi di corsa verso l’auto per tornare a casa.
I miei capelli erano ancora bagnati quando arrivai davanti alla porta di casa.
La faccia di mia madre mi guardava infastidita.
Indicando l’orologio mi fece notare quanto fosse tardi.
Mi sentii gelare.
“È tardi. A tavola è già pronto. Cosa ti è successo ai capelli?”
mi chiese con sospetto.
“Uno scherzo a scuola”, risposi, intimorita dalla sua voce.
“A tavola. Li asciugherai più tardi”.
A tavola mi aspettavano mio padre e mia sorella.
Avevo il viso in fiamme.
“Tutto bene a scuola?”, chiese mio padre.
“Si, tutto bene papà”.
“Allora possiamo cominciare”.
Nessuno aveva capito, nessuno si era accorto del mio viso arrossato, delle mie spalle bruciate dal sole,
dei sogni nella testa e delle farfalle nello stomaco che avevo tenuto ben nascosto.
Avevo mentito.
Ma quello era stato il mio primo giorno da “grande”.
Il primo giorno di un mondo nuovo da inventare, da scegliere.
Con un solo pensiero nella testa.
Che meraviglia, la vita!