DI PIERO GURRIERI
Lui è don Felice Palamara, parroco da dieci anni della chiesa di S.Nicola a Pannaconi, in Calabria, che insieme a un altro prete, don Francesco, sta combattendo per la giustizia, al punto da essere diventato un bersaglio umano.
Stanno cercando di ucciderlo, per i suoi ripetuti appelli contro la ‘ndrangheta e sabato scorso sono arrivati a mettergli della candeggina nel vino destinato a essere consacrato durante la celebrazione eucaristica. Lui se n’e accorto in tempo, per il forte odore. Sarebbe morto tra le sofferenze più atroci, durante la messa o poco dopo.
Io non sono nessuno, ma vorrei insieme a voi esprimere a don Felice, a don Francesco, agli altri preti e laici, cattolici e anche non credenti che combattono in quelle trincee, tutto il mio, e nostro abbraccio, perché di martiri come don Pino Puglisi – per dire di un prete come loro – ce ne sono stati tanti, troppi, benché per i Cristiani il martirio sia anch’esso una chiamata, e un grande dono.
E vorrei dire anche grazie a don Felice per ciò che ha scritto sul suo profilo Facebook appena un attimo dopo aver rischiato di essere ucciso, mettendo come immagine il Gesù Crocifisso. E lo riporto qui, perché considero questa preghiera un messaggio profondissimo di amore, e di coraggio:
“La mia vendetta
si chiama amore,
il mio scudo
perdono,
la mia armatura
misericordia.
Il mio agire sarà l’ accoglienza,
la mia parola la preghiera,
il mio gesto un cuore aperto,
la mia battaglia il loro cambiamento.
Non mi soffermo
agli ostacoli,
né mi lascerò impaurire
dal buio,
perché al di là di tutto
chiunque sia,
qualsiasi cosa è stata fatta
per me è, e rimane
quel fratello solamente d’ amare,
anche se la giustizia dovrà
fare il suo corso”.
Don Felice Palamara osc