BUCATINI ALL’AMATRICIANA

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Che si chiamino Sinner o Briatore, quando si guadagnano decine di milioni l’anno la voglia di lasciarne oltre un terzo nelle mani del fisco italiano è facile che scappi via. Se io fossi come loro o qualsiasi altro degli 8000 italiani che hanno preso la residenza a Montecarlo non farei una gran fatica a tacitare la mia coscienza.
Penserei che il semplice fatto di essere nato e cresciuto in Italia non può fare di me una vacca da mungere e al massimo sentirei il dovere, come è legge per i Cinesi che vogliono espatriare, di rimborsare lo stato per quei 150.000 Euro che ognuno di noi è costato alla collettività dalla nascita alla fine degli studi.
Penserei anche che mai più nella vita sarei costretto a ricorrere alla sanità pubblica, o alla pubblica istruzione per i miei figli o a qualsiasi altra forma di welfare che l’Italia offre ai suoi contribuenti.
E poi penserei al modo indegno con cui lo stato italiano sperpera i quattrini che incassa, al ponte di Salvini e allo stipendio di Vannacci per esempio, e la mia coscienza di mancato contribuente potrebbe dormire sonni tranquilli.
Rimarrebbe soltanto il problema di non poter vantare la mia “italianità” ma posso assicurarvi che nei miei vent’anni da espatriato ne ho avuta l’occasione soltanto davanti a un bel piatto di bucatini all’amatriciana. Un po’ poco per farmi volontariamente dissanguare.
PS: Questo post è una provocazione, potrei scriverne un altro di segno diametralmente opposto