DI ENNIO REMONDINO
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Fosse accaduto in Russia – il modello (ammettiamolo) è quello-, la stampa occidentale avrebbe riempito le prime pagine. Trattandosi di Biden a di America, le parole e l’indignazione inciampano. La parola ‘Regime’ è una esclusiva di Mosca, e le retate di polizia nelle università americane contestatrici pro Palestina non è ‘repressione del dissenso’, ma ‘ordine pubblico’.
O non se ne parla, o minimizzi in cronaca bassa. Quel terzo d’America che dice No a Biden e a Trump in un colpo solo. Opposizione ad una insostenibile ingiustizia come possibile germe di un partito terzo, alternativo all’accelerazione reazionaria globale
Alla Casa Bianca, se non è senilità, è follia politica
Cronaca di una America anni ’60: tempi di Vietnam. «A Boston, cariche di cavalleria e 34 arresti all’università del Texas di Austin, arresti alla Emory in Georgia, occupazione dell’università di Humboldt nel nord della California, dove è occupata anche Berkeley, storico epicentro di proteste pacifiste dagli anni ’60», riporta il Manifesto, meno distratto di altri.
Il movimento studentesco contro la strage di Gaza
In faccia alla politica Usa, cristallizzata in schieramenti di appartenenze economico razziali quasi prive di contenuti critici, esplode in faccia la ‘questione morale’. Quello che spesso viene definito ‘l’annientamento palestinese’, l’eccidio che la Casa Bianca copre e finanzia. Accuse gravissime, forse in parte esagerate, ma non estranee al comune sentire della non particolarmente politicizzata società civile Usa.
“Con gli ultimi sondaggi che provano a dire a Biden che il 55% degli Americani ormai si dice contrario all’operato di Israele, con solo il 36% a favore”.
Università, vertici repressivi, anticipo trumpista?
Sospensioni, espulsioni e licenziamenti anche di docenti solidali. Da noi sarebbero giù stati bollati come fascisti, e mentre spesso sono soltanto servili col potere in carica. Gli amministratori si trincerano perlopiù dietro giustificazioni di sicurezza e legaliste. Gli ‘accampamenti solidali’ contravvengono al divieto di pernottamento in tende, le manifestazioni sono impedimento alle lezioni, provocando disagi per gli studenti ‘volenterosi’, ci segnala Luca Celada da Los Angeles.
Proteste rigorosamente pacifiche
Repressione dura e senza paura contro dibattiti e lezioni autogestite – a Berkeley sono stati invitati a parlare i dissidenti di Google (50 licenziati per aver contestato i contratti aziendali con Israele). La violenza, poca per ora, arriva con l’intervento duro della polizia che usa poi i disordini come pretesto per gli arresti.
Indegno rettore della University of Southern California
«Gli studenti hanno minacciato la sicurezza degli agenti» ha avuto la faccia di dichiarare il rettore della Usc di Los Angeles (93 arrestati), singolare valutazione dell’amministratore che ha contribuito ad innescare l’ondata di proteste censurando preventivamente il discorso di commiato di una laureanda musulmana «che avrebbe condannato i genocidi».
Natura politica della repressione
“La posizione della of Southern California conferma di fatto natura politica della repressione nel nome di «limiti necessari» alla libera espressione, solitamente motivata dal pericolo di antisemitismo. L’accusa è ripetuta nonostante la forte presenza nel movimento di giovani ebrei”.
Oscurare la tragedia nella Striscia
«L’antisemitismo non verrà tollerato dal Texas», annunciava il governatore Greg Abbott agli studenti di Ut, l’università texana di Austin, che reclamano una presa di distanze da Israele (finanziamenti universitari) e una condanna dell’eccidio.
«Le questioni di politica internazionale non sono di competenza delle università», insegue Daniel Diermaier, presidente della Vanderbilt University in Tennessee. Subito smentito da Benjamin Netanyahu che in un video messaggio chiedeva la repressione ancora più forte delle proteste –«branchi antisemiti»– negli Stati uniti.
Due gentiluomini di forte levatura intellettuale.
Potere bipartisan e obiezione morale alla guerra
Il presidente della camera Mike Johnson, al campus della Columbia prima prova a sgridare gli studenti –«È ora di finire questa follia»-, poi, subissato dai fischi, chiede le dimissioni della rettrice «troppo inefficace» ed invoca l’intervento della guardia nazionale. E Trump diventa un moderato. Condanna ‘moralista bipartisan’ –annota Calada-, «contro una prorompente e trasversale obiezione morale alla guerra, l’economia di guerra, la logica e l’egemonia totalizzante della guerra».
Il ruolo storico dell’attivismo studentesco
E l’America politica intonotonita da leaders di postata politica mai così infima nella sua storia, scopre l’attuale generazione che grida a voce alta contro una delle molte insostenibili ingiustizie, ‘germe’ di un partito alternativo all’accelerazione reazionaria globale che negli Stati Uniti, soprattutto in politica estera, non distingue molto tra partito democratico di Biden e partito repubblicano di Trump.
Intanto imparano a fare politica
«Oltre ad esibire a forza morale, il movimento inizia a mostrare un’efficace pratica politica sul campo». Piccoli segnali da annotare. Nelle primarie parlamentari in Pennsylvania, Summer Lee, deputata afroamericana, dello ‘Squad’ progressista fra i principali parlamentari filopalestinesi, è stata sfidata da una avversaria finanziata da lobby pro Israele. Ma volontari ebrei antisionisti di ‘IfNotNow’, hanno bussato porta a porta e, chiedendo ‘se non ora quando’, hanno contribuito alla sua vittoria.
Biden “cerchiobottista”
«La linea Biden continua invece ad essere di ispirazione pilatesca», o ipocrita, se il paragone a Ponzio Pilato vi appare eccessivo. «Parole di preoccupazione» per le vittime civili, condanne all’antisemitismo e «comprensione per la sofferenza palestinese». Dietro il sostegno di altri 17 miliardi in armi a Israele.
“Un cerchiobottismo pre elettorale che il movimento per ora principalmente giovanile rende sempre meno sostenibile. Come già avvertono i sondaggi che alla Casa Bianca sembrano incapaci di leggere. Analfabeti politici, o senza alternative a ciò che la politica statunitense, da qualsiasi parte politica la giri, è oggi in grado di esprimere”.
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Articolo di Ennio Remondino, dalla redazione di
26 aprile 2024