DA REDAZIONE
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Né lo scambio con Hamas né la ormai probabile accusa di crimini di guerra dal tribunale dell’Aja frenano il premier israeliano che ribadisce l’obiettivo di un’operazione via terra anche in caso d’intesa sulla tregua e sulla liberazione degli ostaggi. Netta opposizione Usa. Guterres (Onu): «Sarebbe una escalation intollerabile»
Netanyahu irriducibile, Usa in difficoltà
Israele entrerà a Rafah «con o senza l’accordo su cessate il fuoco e ostaggi». Non detto, «Costi quello che costi», in vite palestinesi, e fosse anche una aggravante in più nelle accuse per crimini di guerra che potrebbero arrivare dalla Corte penale dell’Aja. Netanyahu ha ribadito la sua linea sullo scenario più temuto dell’ultima fase del conflitto: l’ingresso via terra delle truppe israeliane nella città che ospita almeno 1,5 milioni di palestinesi in fuga dal conflitto.
«Escalation intollerabile»
“Un’offensiva di Israele a Rafah sarebbe una «escalation intollerabile» per il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che chiede un’indagine indipendente sulle fosse comuni a Gaza”.
Netanyahu, dispetto a Biden
L’affondo di Netanyahu è arrivato alla vigilia dell’arrivo in Israele del segretario di Stato Usa Blinken, e non è gesto di cortesia, rispetto al pressing diplomatico per un’intesa fra Israele e Hamas in corso al Cairo. In ballo c’è un accordo per il cessate il fuoco contro cui si schiera da sempre l’ala destra ultraortodossa integralista ebraica che sostiene il traballante governo che non ha saputo evitare l’attacco di Hamas.
La proposta di mediazione Usa
Blinken ha ribadito che l’ultimo testo proposto agli islamisti è «straordinariamente generoso». Una intesa che dovrebbe prevedere 40 giorni di tregua e il rilascio di oltre 30 ostaggi israeliani. Il verdetto è appeso alla risposta di Hamas, anche se i toni scelti da Netanyahu si muovono in direzione contraria. E la risposta Usa è come sempre estremamente/troppo morbida. Blinken insiste invitando Israele a «fare di più» sulla tutela dei civili. Un’urgenza umanitaria che verrebbe stracciata dall’incursione terrestre su Rafah.
Qualche dettaglio semisegreto
Secondo il Wall Street Journal, citando funzionari egiziani: «La proposta prevede due fasi: la prima comporterebbe il rilascio di almeno 20 ostaggi nell’arco di tre settimane in cambio di un numero imprecisato di prigionieri palestinesi. La durata della prima fase potrebbe poi essere estesa di un giorno per ogni ostaggio liberato». La seconda fase, invece, «comprenderebbe un cessate il fuoco di dieci settimane durante il quale Hamas e Israele si accorderebbero su un rilascio di ostaggi più ampio e su una pausa prolungata dei combattimenti che potrebbe durare fino a un anno».
L’Occidente critico con Israele
Sulla linea oltranzista su Rafah del governo Natanyahu, il giudizio occidentale, in materia, sembra per una volta unanime. Il segretario statunitense alla Difesa Lloyd Austin sull’attacco israeliano a Rafah «non è l’assenza di un piano israeliano sulla protezione dei civili, quanto la sua mancanza di attuazione». Il vice-portavoce del Dipartimento di Stato Usa sostiene che gli Usa non hanno ancora letto un piano credibile per l’operazione militare.
I suprematisti ultraortodossi ebraici
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, esponente del ‘Partito sionista religioso’, forza dell’ultradestra, ha detto di essere «pronto a pagare il prezzo politico, rompere con la maggioranza e virare sull’opposizione in protesta contro le ‘concessioni strategiche’ a favore dei vertici di Hamas». Sempre Smotrich, «Il governo, non ha diritto a esistere se non invade Rafah».
«Da ottobre uccisi 182 dipendenti Unrwa»
Nazioni Unite intransigenti e assieme bersaglio. «Da ottobre uccisi 182 dipendenti Unrwa», il bilancio drammatico tracciato ieri a Ginevra da Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Unrwa, l’Agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. «182 i dipendenti Onu uccisi, e 160 locali, che ospitavano rifugiati, sono stati danneggiati o distrutti. E almeno 400 persone sono state uccise proprio in questi locali. L’eventualità, purtroppo non remota, che i militari israeliani entrino a Rafah, provocherebbe altre stragi».
“Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, poche settimane fa, ha definito l’agenzia per i rifugiati palestinesi della sua organizzazione la “spina dorsale” degli aiuti a Gaza, dopo la sospensione degli aiuti di vari Paesi. Stati Uniti in testa, Italia al seguito”.
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Articolo a firma Rem, dalla redazione di
1 Maggio 2024