DI ANTONELLO TOMANELLI
«L’incendio alla casa dei sindacati di Odessa», titola Wikipedia prima di esporre quei tragici fatti di dieci anni fa. Dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, la ricostruzione è stata radicalmente modificata. Infatti, prima Wikipedia la chiamava «Strage di Odessa». Perché non fu un incendio, ma appunto una strage.
Kiev, febbraio 2014. Le violenze di Euromaidan hanno spinto alla fuga il presidente Viktor Yanukovic, buoni rapporti con Mosca, eletto quattro anni prima. Servono nuove elezioni. Gli USA, ma anche la UE, intervengono pesantemente nella campagna elettorale. Victoria Nuland, portavoce del dipartimento di Stato, fa la spola tra Washington e Kiev, dove arringa le folle sponsorizzando Petro Poroshenko, il candidato alla presidenza che nei comizi prevede che i bambini russofoni del Donbass studieranno nelle cantine, mentre i loro nonni rimarranno senza pensione.
Tra le città più attive in chiave anti-Euromaidan c’è Odessa, dove i sostenitori del presidente Yanukovic, cacciato un paio di mesi prima, hanno per protesta eretto un accampamento in Kulykove Pole, una piazza centrale su cui si affaccia la casa dei sindacati.
La maggioranza degli abitanti di Odessa è composta da ebrei e filorussi. Un’occasione ghiotta per Pravji Sektor, l’organizzazione di ispirazione neonazista cui è stata, nei fatti, delegata la funzione dell’ordine pubblico in buona parte dell’Ucraina. Nel frattempo il ministro dell’Interno Arsen Avakov ha accorpato il Battaglione Azov nell’esercito regolare, e nominato capo della polizia proprio un leader di Pravyj Sektor.
Il 2 maggio 2014 centinaia di militanti di Pravyj Sektor si radunano nel centro di Odessa, per marciare su Kulykove Pole. Nel pomeriggio, strada facendo, intercettano un corteo di ultrà del Cornomorec’ Odessa e del Metalist Charkiv, due squadre di calcio della massima serie, che dovranno sfidarsi la sera stessa, e che a seguito di un gemellaggio occasionale hanno deciso insieme di improvvisare un corteo pro Euromaidan.
Quelli di Pravyj Sektor non credono ai loro occhi. Subito ne selezionano un centinaio abbondante tra i più violenti e rancorosi e se li portano a Kulykove Pole, dove sono accampati i filorussi.
L’accampamento viene saccheggiato e dato alle fiamme. Chi riesce se la dà a gambe levate, disperdendosi per le strade di Odessa. Altri ritengono più sicuro barricarsi all’interno della casa dei sindacati, dove comunque ci sono persone che lavorano. Pessima idea.
In un paio di ore alcune stanze della casa dei sindacati vanno a fuoco, per il lancio di molotov dalla piazza, sotto lo sguardo non troppo severo dell’intervenuta polizia ucraina. All’interno, c’è chi deve scegliere se morire soffocato o buttarsi dalla finestra per poi essere linciato. Ma il peggio arriva quando, più tardi, i militanti di Pravyj Sektor entrano nell’edificio. Si parlerà di pratiche medievali. La ricostruzione dei vigili del fuoco testimonia di cadaveri mutilati, altri con soltanto la parte superiore del corpo carbonizzata, altri con la testa fracassata o crivellata di pallottole. Tra le varie nefandezze, lo stupro di una donna incinta, poi strangolata con un cavo elettrico.
Alla fine si parlerà di 48 morti. Molti, ritenendo la cifra inattendibile, ne paventeranno più del doppio.
Irina Fayron, deputata nazionalista della Rada, scrive su Facebook: «Brava Odessa, perla dello spirito ucraino. Lasciate che i diavoli brucino all’inferno». Mentre la ex premier Julija Tymoshenko definisce la strage «un atto di pulizia di cui andare orgogliosi».
Il mainstream occidentale si contiene, appiattendosi però sulla versione ucraina. Insomma, l’incendio è scoppiato a causa di una maldestra gestione delle molotov confezionate dagli stessi manifestanti filorussi all’interno della casa dei sindacati.
Altrettanto grottesco è l’iter processuale. Seguendo la pista che incolpa i filorussi, la polizia ne incarcera 15, collegandoli a gruppi paramilitari provenienti addirittura dalla Transnistria, e li porta in tribunale. Forse perché memori del giuramento prestato, quei giudici non se la sentono di trattenere in carcere persone senza uno straccio di prova, e ne ordinano l’immediato rilascio.
Nel giro di un’ora trecento militanti di Pravyj Sektor si presentano davanti al carcere dove sono custoditi i filorussi appena rilasciati dal tribunale. Perquisiscono ogni mezzo in uscita, mentre alcuni soggetti che non vanno tanto per il sottile irrompono nell’ufficio del presidente della corte d’appello, costringendolo a ricorrere contro la decisione del tribunale, che alla fine verrà annullata.
Wikipedia o no, è questa la strage di Odessa.