DI MARIO PIAZZA
Di leggi del cavolo il centrosinistra ne ha promulgate parecchie negli anni in cui ha governato ma nessuna, proprio nessuna, si è mai neppure avvicinata al fetore padronale che emana dal renziano Jobs Act.
Con questa legge del 2014 e con la dozzina di decreti emessi nei due anni successivi e in particolare lo smantellamento dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori che disciplinava i licenziamenti, si è modernizzata la schiavitù.
Dopo il Jobs Act qualsiasi impiego è diventato “precario” per definizione e si è stabilito il prezzo, qualche mese di stipendio, a cui il padrone poteva comprare la dignità dei propri dipendenti e quella del lavoro stesso su cui una volta era fondata la repubblica.
Se a questo aggiungiamo la liberalizzazione dei contratti a termine e dell’uso dei famigerati voucher, le normative sul subappalto, la privatizzazione degli uffici di collocamento, i dipendenti trasformati in partite IVA, il controllo da remoto, lo scandalo degli “stagisti” nella pubblica amministrazione e altre forme di snaturamento del rapporto di lavoro non possiamo certo lamentarci per la mancanza di progettualità delle nuove generazioni e per il calo demografico, ma neppure abbiamo il diritto di spargere una lacrima per l’ecatombe di morti sul lavoro.
Che Elly Schlein abbia firmato per l’abolizione del Jobs Act è un’ottima notizia, ma una ancora migliore sarebbe se ci liberassimo per sempre di Matteo Renzi spedendolo in Europa, o meglio dai suoi amichetti in Arabia Saudita, o meglio ancora in qualche base scientifica in Antartide.