IL RAPPORTO AL CONGRESSO USA SULLE ARMI CEDUTE A ISRAELE ORA SCOMPARSO

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Biden finora ha bloccato la pubblicazione del rapporto sull’uso delle armi americane cedute a Israele. Come mai? Intanto, l’esercito israeliano ha già cominciato la battaglia per Rafah. Di fatto, spiegano dall’amministrazione Usa, “su questo tema non è stata ancora presa una decisione definitiva”.

Congelare il congelamento

Insomma, per ora si è deciso di “congelare” il “congelamento” (della consegna delle armi), sperando di trarre profitto da una politica che appare schizofrenica. Anche perché Biden finora ha bloccato la pubblicazione del rapporto sull’uso delle armi americane cedute a Israele. Come mai? Intanto, l’esercito israeliano ha già cominciato la battaglia per Rafah, circondando la città e forzando all’evacuazione almeno 100 mila palestinesi. Tutto questo avviene, mentre il Washington Post pubblica alcune prese di posizione (autorevoli) di funzionari governativi sulla legalità dei trasferimenti di armi autorizzati da Biden. Louise Loveluck scrive che “mentre l’ Amministrazione Biden ha ripetutamente espresso allarme per le vittime civili a Gaza, alcuni ex funzionari affermano che ha prolungato l’attuazione di leggi e politiche intese a impedire che le armi americane siano utilizzate in violazione del diritto umanitario internazionale. Che vuol dire? Significa che esistono norme precise, nell’ordinamento statunitense, che regolano la cessione o la vendita di armi all’estero. Anche agli alleati. Queste armi (e le relative munizioni) non devono in nessun caso ledere il diritto internazionale, quello umanitario e di guerra. Ci sono dei precisi vincoli morali, ovviamente. Ma esistono anche delle cautele di ordine giuridico: la Corte di giustizia Internazionale dell’Aja, infatti, potrebbe ritenere corresponsabile di un’eventuale indagine per “crimini di guerra” (o, peggio ancora, per genocidio) non solo chi usa le armi per uccidere indiscriminatamente, ma anche chi gliele fornisce.

La politica Usa verso Israele

L’ammissione del presidente Biden questa settimana che le armi americane stanno uccidendo civili a Gaza sembra segnare un punto di svolta nella politica statunitense nei confronti di Israele – pochi giorni dopo che l’esercito israeliano ha fatto la sua prima mossa su Rafah e prima di un attesissimo rapporto del governo sull’adesione di Israele all’accordo. leggi di guerra. Loiusa Loveluck scrive che “mentre l’amministrazione Biden ha ripetutamente espresso allarme per le vittime civili a Gaza, alcuni ex funzionari affermano che ha prolungato l’attuazione di leggi e politiche intese a impedire che le armi americane vengano utilizzate in violazione del diritto umanitario internazionale. Secondo il Post, la svolta si è avuta lunedì, quando l’esercito israeliano ha imposto l’evacuazione immediata di 100 mila civili da Rafah, occupando il valico di frontiera con l’Egitto e  avvertendo che avrebbe usato “forza estrema” contro i militanti nell’area densamente popolata. “Ho chiarito che se entrano a Rafah… non fornirò le armi”, ha detto allora Biden nelle successive interviste. Giusto. Solo che per molti addetti ai lavori poteva (e doveva) pensarci prima, Gli Stati Uniti sono una grande democrazia, e hanno degli obblighi prioritari di rispetto dei diritti umani. Per questo, la cessione o la vendita di armi all’estero è pesantemente condizionata da clausole di salvaguardia, che sono rigidamente codificate dalle leggi. Insomma, non si può usare la forza bruta per trasgredire l’ordine internazionale utilizzando armi Made in Usa. Ecco, a questo proposito, la riflessione autorevole del Washington Post: “Gli Stati Uniti sono sempre stati selettivi nel modo in cui invocano il diritto internazionale, dicono gli esperti, e nel modo in cui bilanciano le preoccupazioni sui diritti con la realpolitik. Ma il loro continuo sostegno materiale alla guerra di Israele a Gaza ha portato a una rara ondata di reazione pubblica da parte di ex funzionari, che affermano che l’Amministrazione sta ritardando l’applicazione delle leggi intese a limitare o condizionare l’assistenza militare agli alleati stranieri.

Costanti violazioni del diritto interazionale

“Gruppi per i diritti umani e organizzazioni umanitarie – sostiene il Washington Post – hanno trascorso mesi a documentare presunte violazioni del diritto internazionale da parte dell’esercito israeliano a Gaza – molte delle quali si ritiene siano state compiute con armi di fabbricazione statunitense – compresi attacchi a quartieri civili, strutture sanitarie, giornalisti e operatori umanitari”. Josh Paul, un alto funzionario del Dipartimento di Stato, che si è dimesso per protesta, ha chiarito le tappe della procedura amministrativa che il trasferimento di armi a Israele avrebbe dovuto seguire. E che non ha seguito. Il problema dovrebbe essere quello di ricollegare fatti e circostanze, per risalire alle autorizzazioni ed, eventualmente fino agli “ordini esecutivi”, che possono partire solo dalla Casa Bianca. Si capisce, dunque, al volo perché l’argomento sia particolarmente spinoso. In sostanza, se Israele fosse ritenuto in qualche modo “indagabile” (per eventuali crimini di guerra) dalla Corte di giustizia Internazionale dell’Aja, lo potrebbe essere anche chi gli ha dato le bombe (gli Usa). Tutto ciò che stiamo scrivendo, è stato già elaborato dal Dipartimento di Stato e dal Pentagono in un rapporto (National Security Memorandum-20), che doveva essere presentato al Congresso degli Stati Uniti. Ma che ancora giace nei cassetti (forse) con le sue sgradevoli rivelazioni.

Perché Biden ancora lo nasconde?

Sul tema dei “danni collaterali” determinati dall’impiego di armi americane, interviene ancora il Post esprimendo un giudizio tagliente: “Un’analisi di diverse migliaia di rapporti di incidenti distinti a Gaza – scrive il quotidiano – ha rilevato che l’esercito israeliano ha agito con un “sistematico disprezzo del diritto internazionale umanitario e con attacchi ricorrenti lanciati nonostante danni prevedibilmente sproporzionati ai civili e ai beni civili”.

“Il rapporto, facendo eco alle conclusioni dei gruppi per i diritti umani, ha anche scoperto che in un numero significativo di casi sono state utilizzate armi americane. ”Quando si guardano quegli edifici crollati, dove le persone sono intrappolate, le probabilità sono che la morte e la distruzione siano state causate da un’arma fornita dagli Stati Uniti”, ha detto Charles Blaha, ex direttore al Dipartimento di Stato”.

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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

11 Maggio 2024