E noi continuiamo a parlare di astensionismo…

DI SALVATORE GRANATA

 

Ma continuiamo a parlare di astensionismo.
A che serve sgolarsi per far notare le mancanze culturali del signore in foto, quando ugualmente il 40% resta a casa?
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Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone
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Alcuni continuano a ripetere che i problemi principali siano l’ignoranza, l’indifferenza e la collusione di questi.
Io sostengo che quel 40% è stufo di tutti, pur facendo le dovute distinzioni.
Serve più trasparenza, più coinvolgimento, più palle, più onestà intellettuale.
Altrimenti, fate così, sommate il 40% (per i tifosi pentastellati ignorante e colluso) al restante elettorato attivo (pidino, renziano, calendiano e destrorso), e il risultato è che siamo un Paese morto già in partenza.
Non c’è speranza.
Chi è colluso, invece, va sempre a votare. Perché deve mantenere il suo status di privilegiato o chi favorisce raccomandazioni.
E se qualcuno capisse spiegazioni più tecniche e “longeve” in termini di righe e si togliesse la casacca prima di commentare i miei testi, forse qualche speranza ci sarebbe ancora.
La cosa bella, è che se scrivi di questi personaggi, ci sono sempre gli stessi tifosi o altri, che dicono “lo sappiamo”, “non fategli pubblicità”, “io cambio canale”, “io voto solo l’unica persona onesta”, etc.
Ma allora che volete? Le bandiere dei vostri idoli appese? Naaa, da me non le troverete mai.
E siccome sono testardo ma anche serio, rimarcherò le mancanze culturali dell’allevatore in foto. Parlo di Lollobrigida, non del signore dietro.
E lo farò soprattutto per la gioia dei tifosi succitati a cui piacciono più questi post, che per me invece sono inutili, in particolare se si vogliono coinvolgere gli astensionisti.
Quindi.
Dopo alcuni mesi dall’elezione, il ministro dell’agricoltura ha rilanciato la teoria della sostituzione etnica.
Poi la fermata del treno “ad personam”.
Però, il meglio lo ha espresso quando ha parlato di cibo.
Ad aprile, infatti, durante il Vinitaly di Verona, aveva lanciato il formaggio di regime (“Vorrei imporre un piatto dedicato al formaggio nei menù degli esercizi di ristorazione”).
Mentre nel settembre scorso, al Festival del Trentodoc, aveva annunciato che per rispondere a chi “tenta di criminalizzare il consumo” di vino voleva elevarne la promozione, “abbinando il consumo di vino al benessere fisico con gli eventi sportivi”.
E ancora, un’altra uscita epica ha avuto come teatro il meeting CL di Rimini: in Italia “spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi perché cercando dal produttore l’acquisto a basso costo comprano qualità”.
Per non parlare del discorso recente e infelice sulla “siccità al Sud”, pronunciato qualche settimana fa in Senato, durante il Question time.
Infine – anche se con Lollo non finirà mai – il bomber ha sciorinato due perle nelle ultime 48 ore e in due contesti differenti.
La prima. Secondo il cognato della premier, per verificare il benessere animale nelle aziende agricole, bisognerebbe chiedere direttamente agli animali come stanno.
E non solo è convinto di questa sua ipotesi, ma lo ha asserito in un post sui suoi canali social, dove ha spiegato il suo metodo, con tanto di foto esplicativa faccia a faccia con una mucca (che non è quella del mio post, ma rende l’idea).
Il post di Lollo recita così:
“Un modo per verificare il benessere animale in una azienda agricola è ‘chiederlo’ direttamente a loro. Se si avvicinano all’uomo senza timore significa che lo considerano un loro amico”.
Il benessere animale è un tema serio, anzi serissimo, al centro del dibattito sulla transizione ecologica. Riguarda questioni come l’eliminazione graduale delle gabbie per tutte le specie, ma anche l’aumento di spazio a disposizione e la qualità della vita vissuta dagli animali. Un tema che coinvolge soprattutto gli allevamenti intensivi, ma non solo.
Per Lollobrigida, che è appunto ministro dell’Agricoltura, la soluzione è molto più semplice. E magari si potrebbe chiedere alla stessa mucca se è felice di morire per una buona causa, come la fine di una guerra.
La seconda. Peggio della prima e collegata a quanto ho appena scritto.
“Quante guerre non ci sarebbero state di fronte a cene ben organizzate”.
Questa il cognato d’Italia l’ha detta due giorni fa, 17 maggio, ai microfoni di Vista a margine della sua visita allo stand “Divina Nazione”, l’evento che celebra la candidatura della cucina italiana a Patrimonio Unesco.
Che dire, una bella bistecca e si smette di sparare.
Spero che adesso i tifosi siano tutti contenti.
E il 40% degli astensionisti, come voi pensate, alle prossime nazionali (e magari anche a queste europee) si recherà sicuramente alle urne.
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Salvatore Granata