DI GIOACCHINO MUSUMECI
Un recente raid israeliano sulla tendopoli di Tal as-Sultan a Rafah, nella Striscia di Gaza, ha provocato una catastrofe. Secondo le prime stime, almeno 40 persone tra cui uomini, donne e bambini, sono morte carbonizzate nell’attacco.
L’IDF (Israel Defense Forces) ha dichiarato che il raid era mirato a colpire due alti esponenti di Hamas, ma le immagini provenienti dal campo profughi suggeriscono una realtà ben più drammatica.
Benjamin Netanyahu ha dichiarato che si è trattato di un “tragico errore”, ma è da ingenui credergli dopo la sequela di orrori ed errori giornalieri caratterizzanti la peggiore strage di civili nella storia dei conflitti contemporanei israeliani.
Su queste atrocità non si dovrebbero sollevare dubbi, bisognerebbe essere generalmente concordi sull’idea che Netanyahu sia incapace di gestire il conflitto contro i terroristi responsabili dell’attentato che ha scatenato la rappresaglia Israeliana. Se inizialmente l’opinione pubblica mondiale è stata comprensiva e se l’empatia per le vittime della strage al festival ha dominato politici, intellettuali e giornalisti, oggi governi e opinione pubblica sono sgomenti e costernati perché i civili palestinesi vengono uccisi – per errore- continuamente e indistintamente. E qualora istituzioni internazionali volessero far pesare certi errori, si sollevano sdegno e rabbia di chi li ha commessi generando così l’idea che “errore” sia un alibi del governo per politiche e metodi molto controversi.
Se l’obiettivo di Hamas era far si che i fondamentalisti religiosi del governo israeliano distruggessero l’immagine pubblica di Israele, ci sono riusciti in pieno.
E sono riusciti anche nel tentativo subdolo di lacerare la società israeliana, dilaniata tra moderati che desiderano pace e frange di estremisti per cui non esiste alternativa altra che distruzione totale del nemico. E per nemico, secondo il modello americano post 11 Settembre, si intende aprioristicamente uomo, donna o bambino che possa diventarlo in futuro. In questo metodo presuntivo basta quindi l’appartenenza all’etnia palestinese per meritare un trattamento basato sul sospetto.
L’estremismo islamico è una piaga da combattere ma stabilire che le ragioni delle stragi di civili palestinesi siano unicamente individuabili in esso è voler guardare la storia decurtata da qualsiasi responsabilità israeliana. Ciò al netto del principio che una strage di civili non è mai lecita, a cominciare da quella del 7 Ottobre naturalmente, non si può e non si deve dimenticare.
Al netto dell’atrocità che ha provocato oltre 1200 morti Israeliani e ostaggi nelle mani dei terroristi, non è moralmente possibile sostenere una risposta costellata da errori, così sostengono i vertici Israeliani quando le forze armate mietono vittime civili. Il costo complessivo di decine di volte il numero di massacrati al festival israeliano è inaccettabile. Morti mietuti secondo la presunzione che tanti di essi fossero terroristi senza alcuna dimostrazione condivisa che lo fossero o lo siano veramente. Pertanto lo scetticismo sul metodo israeliano, confortato esclusivamente da teoremi di una minoranza estremista prevaricanti ogni forma di buon senso e solidarietà umana, aumenta esponenzialmente.
Contingenze politiche internazionali e protocolli istituzionali obbligano dichiarazioni flemmatiche ma i governi mondiali sono consci della strage palestinese. Le conseguenze sono clamorose: Israele- inteso come governo- non è mai stato tanto isolato e non per rigurgiti antisemiti come si propaganda ma per l’indifferenza eclatante mostrata da Netanyahu a suggerimenti o richiami alla moderazione da parte delle Nazioni Unite. L’unico argomento sollevato dai sostenitori irragionevoli di Bibi è l’antisemitismo proiettato su chi chiede lumi su una mattanza mai vista prima in terra santa.
L’impressione sempre più forte è che Israele, basandosi su egoriferita presunzione di impunità, si sia elevato oltre l’autorità dell’unica istituzione deputata a stabilire se un comportamento sia illecito. E anche qui l’argomento sollevato da Israele è un po’ misero: “Il mondo è contro di Noi”; lo stesso mondo che ha permesso a Israele di esistere e di autoproclamarsi democrazia, lo stesso mondo a cui dal figlio che aveva legittimato è vietato condannare una strage, aggiungerei. E’ facile dunque predire che se Netanyahu non sarà democraticamente fermato, Israele, nonostante lo scudo dell’olocausto variamente sollevato, sarà condannato dall’opinione pubblica sempre meno disposta a farsi manipolare, i governi democratici per quanto in crisi palese dovranno tenerne conto. E dati i continui riferimenti biblici nella retorica di Bibi va ricordato a tutti che Sansone decise di morire con tutti i filistei.
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Gioacchino Musumeci